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Vogliamo anche le royalties

by senzaudio

Verrà il momento in cui a noi traduttori (e traduttrici) editoriali saranno riconosciute le royalties? Forse i tempi non sono maturi, forse non lo saranno mai. E allora, tanto vale discuterne da subito.

Perché volete le royalties? Mica siete scrittori!

No, non siamo scrittori: non ci inventiamo i personaggi, né la trama e neppure lo stile. Ma lo riscriviamo facendo rivivere personaggi, trama e stile in un’altra lingua: è un processo creativo, dunque svolgiamo un’attività che ricade nel diritto d’autore. Lo dice la legge italiana, ma solo non quella: in quasi tutta l’Europa occidentale e negli Stati Uniti molti nostri colleghi percepiscono una percentuale sulle vendite, perché la fortuna di un libro dipende anche dal modo in cui è stato tradotto.

Ma allora fatevi pagare solo a royalties!

Tralasciando che agli scrittori spetta circa il 7% sul prezzo di copertina (corrisposto con un anticipo) mentre noi al massimo possiamo aspirare a un 1-3% a posteriori, la vera differenza è che lo scrittore, generalmente, PRIMA scrive il libro e POI lo propone a un editore. Tecnicamente non viene remunerato per il lavoro svolto ma percepisce una parte delle entrate generate dallo sfruttamento economico di un’opera che ha creato di sua iniziativa e ritiene degna di essere pubblicata (poi c’è chi scrive su commissione, chi si sottovaluta… non facciamo un trattato di sociologia editoriale).

Il traduttore, invece, lavora su commissione: l’editore ci incarica di tradurre un titolo e ci impone i tempi di consegna, noi mettiamo la nostra creatività al servizio della casa editrice per un determinato periodo e riceviamo un compenso a stralcio che (idealmente) corrisponde all’impegno profuso.

Traduciamo anche libri che non ci piacciono molto, o altri che secondo noi non andrebbero pubblicati in Italia in quel momento, da quel certo editore o con quel titolo: non possiamo accollarci il rischio di lavorare mesi a un libro che potrebbe non vendere nulla a causa di scelte su cui non abbiamo voce in capitolo. Per questo il compenso a stralcio non è in discussione, o meglio, andrebbe ridiscusso verso l’alto!

(Poi, oh, se mi offrissero un anticipo del 30% su un bestseller assicurato, non mi appellerei certo a questioni di principio!)

Vogliamo il compenso a stralcio, ma anche le royalties

C’è una questione di principio, che spiegavo all’inizio: siamo autori della traduzione e, in quanto tali, chiediamo di godere anche noi dei diritti derivanti dallo sfruttamento economico dell’opera.

Ma ci sono altre ragioni più concrete che, sebbene non applicabili a tutti i testi editoriali tradotti in Italia, possono costituire dei punti di partenza, dei grimaldelli con cui iniziare a far leva sugli editori.

Ci sono libri che abbiamo proposto noi e vorremo essere ricompensati per l’attività di scouting. Spesso non richiesta, è vero. Ma quando uno scrittore propone il suo romanzo, gliel’ha forse chiesto qualcuno?

Ci sono libri che vengono ritradotti: se la necessità avvertita dall’editore trova riscontro nel pubblico, buona parte del merito sarà nostro.

Ci sono libri che vincono premi letterari perché, tra le altre motivazioni, “sono scritti bene”. E solitamente la giura legge la versione italiana, creata da noi.

Ci sono libri che ci impegniamo a promuovere partecipando a presentazioni, segnalando premi e recensioni estere o traducendo interviste e altro materiale promozionale, spesso senza riconoscimento economico.

Ci sono libri che piacciono alla critica e sono recensiti sui grandi quotidiani. E talvolta qualche giornalista riconosce che il merito è anche nostro.

Ci sono libri che, semplicemente, vendono tanto: noi da un lato siamo orgogliosi di questo successo, dall’altro ci mangiamo le mani perché ci sentiamo esclusi da questa fortuna che abbiamo contribuito a creare.

E allora, perché non cominciare a chiedere l’1 o il 2% dalla prima ristampa, dopo un certo numero di copie (1.000, 3.000, 5.000 dipende dall’editore) o almeno sui libri proposti da noi? Magari non vedremo mai un centesimo o magari il libro avrà successo e quella piccola percentuale ci farà sentire meno “prestatori d’opera” e più collaboratori della casa editrice. Se le sorti del libro ci fossero meno oscure o, meglio, se ci riguardassero da vicino, partecipare alla fase di promozione del testo ci sembrerà più piacevole e i rapporti con gli uffici stampa ne gioverebbero, creando una collaborazione più fruttuosa che non si esaurirà nel momento in cui approviamo le bozze.

Ma in Italia, le royalties, non le percepisce proprio nessuno?

Se lo chiedono anche le mitiche Doppioverso, che proprio oggi pubblicano un post-inchiesta in cui fotografano la situazione.

(No, non è un caso: l’argomento ci stava particolarmente a cuore e abbiamo deciso di unire le nostre forze).

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