Tradurre non significa per forza di cose avere a che fare con la narrativa. Esploriamo le diverse vie della traduzione.
Alcuni traduttori esordienti mi hanno chiesto cosa ne penso di Babelcube, la piattaforma che mette in contatto diretto autori e traduttori e ricompensando questi ultimi in royalties, secondo uno schema apparentemente molto allettante (lo trovate qui). Di seguito trovate la mia personale, e dunque opinabilissima, opinione. Se avete provato Babelcube, v’invito a raccontare com’è andata!
Se lo fate per soldi…
…che detto così sembra una cosa brutta, invece è sacrosanta: il lavoro non pagato è un ossimoro che non dovrebbe essere nemmeno concepito. E difatti, Babelcube paga. Attenzione però: non c’è un compenso fisso a cartella, si percepisce solo una percentuale sulle vendite, le famose royalties. Del perché questa forma di retribuzione secondo me non è la più adatta al nostro lavoro, ne ho già parlato qui. Babelcube, però, non propone al traduttore un misero 2-3%, ma il 55% del ricavato per i primi 2.000 $.
Ora, ammettiamo che decidiate di tradurre un romanzo di media lunghezza, diciamo 150 cartelle. Un editore **serio** vi pagherebbe almeno 12 € a cartella, quindi ci ricavereste 1.800 € lordi. Certo, ci sono editori che pagano molto meno, ma do per scontato che vogliate tradurre per lavoro e non per hobby. Ci sono anche editori che pagano di più, ma per un esordiente mi sembra un inizio accettabile.
Quante copie deve vendere il testo che avete tradotto tramite Babelcube perché riusciate a guadagnare la stessa cifra? Ipotizzando un prezzo medio di 7 $ a libro (la piattaforma consiglia un prezzo compresi tra 2,99 e 9,99 $), considerando che vi saranno decurtate le spese di distribuzione, le copie omaggio (Babelcube può decidere di mettere il libro in offerta gratuita per un massimo di sette giorni al mese, a sua totale discrezione) e le tasse, bene che vada servono almeno 600 copie (non vi sto a fare tutti i calcoli, fidatevi o fateli da soli).
L’ufficio stampa
Avete una vaga idea di come sia difficile per un piccolo editore riuscire a vendere 600 copie di un testo tradotto? Bisogna contattare giornalisti e blogger per le recensioni e inviare loro copie omaggio, organizzare presentazioni nelle librerie e, se possibile, alle fiere editoriali. E magari coinvolgere un critico letterario quotato o meglio ancora far venire l’autore dall’estero… Ma tutto questo richiede un budget notevole, tantissimo tempo e competenze adeguate. Insomma, serve un ufficio stampa. E nel caso di Babelcube, la promozione in Italia è lasciata completamente a voi, che probabilmente non avete nemmeno le conoscenze minime (non ditemi che avete gli indirizzi dei giornalisti a cui proporre la recensione!) e non potete far leva su un gruppo di lettori affezionati, come avviene per le case editrici. Insomma, se conoscete qualcuno che è riuscito a vendere più di 600 copie di un testo tradotto per Babelcube, vi prego di presentarmelo: potrebbe diventare un ottimo ufficio stampa…
Fa curriculum
Appurato che traducendo per Babelcube difficilmente si diventa ricchi, potreste decidere di tradurre un libro per avere qualcosa da mettere nel curriculum. Almeno dimostrate di aver “fatto un’esperienza”, no? Ecco, secondo me no. Prima di tutto, molti editori non vedono di buon occhio la piattaforma, percepita non tanto come un concorrente quanto come una realtà poco professionale, dato che la prova di traduzione viene valutata dall’autore, il quale può anche chiedere di apportare modifiche alla resa italiana, pur non essendo madrelingua. Inoltre, non è prevista una revisione esterna, né alcun giro di bozze. A questo proposito, Babelcube consiglia di lavorare in coppia con un collega che faccia da revisore e correttore. Ottima idea, ma se siete in due alle prime armi non è scontato che otteniate un risultato di qualità (e vi dovrete pure dividere il magro compenso!). E poi, ma questo è un mio parere personalissimo, io preferirei non far sapere al mio potenziale committente che ho tradotto un libro intero senza un revisore competente e senza la certezza del compenso. Se l’editore è serio, potrebbe percepirmi come sprovveduta o poco professionale, se non è serio potrebbe pensare che sia facile approfittarsi di me… Poi c’è la questione della detenzione dei diritti morali di traduzione, che secondo il contratto proposto da Babelcube non restano al traduttore. Ma di questo riparleremo in un altro articolo.
Che fare?
Insomma, se proprio volete mettere qualcosa in curriculum, frequentate un corso di formazione serio e riconosciuto, inviate proposte di traduzione, proponetevi per uno stage in casa editrice. Oppure, chiedere di tradurre qualche articolo sul blog della casa editrice, se ne ha uno: anche qui non c’è un compenso, ma sono poche cartelle e almeno siete certi qualcuno di competente leggerà e valuterà il vostro lavoro. Se poi decidere di tentare comunque la strada di Babelcube, vi faccio un mega in bocca al lupo e vi esorto a raccontarmi com’è andata!