La prima considerazione da fare è che è davvero un peccato che ISBN edizioni non esista più. Mentre era ancora in attività avevo avuto il piacere di leggere alcuni dei loro titoli ed ero stato sempre piacevolmente colpito.
La seconda considerazione invece riguarda TerraRossa. Mi fa davvero piacere che accanto alle nuove uscite inedite si siano messi in testa di recuperare alcuni libri di valore pubblicati da autori italiani e che avrebbero meritato più successo. Non so dire se all’epoca “Qui non crescono i fiori“, il libro di Luca Giordano, avesse avuto gli onori che meritava, è stato pubblicato nel 2013, probabilmente poco prima che Senzaudio nascesse e quindi me l’ero perso. Ricordo però che me ne parlarono molto bene e quindi, l’unica cosa che posso dire è: meno male che c’è TerraRossa.
Vengo subito al libro. La storia ha uno sfondo costellato di uomini. I due fratelli, Salvatore il minore e Damiano il maggiore e poi Pietro il padre e, se vogliamo, pure il cane. È questo il nucleo del libro. E generata da questo nucleo di uomini che faticano a esprimersi, che nutrono sentimenti crudi e violenti, che tendono alla fuga e non riescono a parlare se non attraverso atti di forza, generata da tutto ciò cresce un’incapacità di comunicare che permea tutte le pagine di “Qui non crescono i fiori“. Personaggi che sembrano nati dalle crepe della terra e, della terra, sembrano conservare l’aridità.
Il libro è sostanzialmente imperniato sulle relazioni tra i protagonisti e quello che lo eleva rispetto a tanti altri libri che recuperano il tema delle cose non dette e dei segreti (nel caso del libro di Luca Giordano, uno degli elementi nascosti è il destino della madre, nonché la vera natura dei legami parentali) è la scrittura e la capacità di raccontare di Giordano.
Luca Giordano ha la facoltà di mostrarci ogni riga scritta, avvolgerci in una coperta sensoriale e farci vedere il panorama desolato, farci sentire il calore del sole, la terra secca e screpolata, ma anche le vene che percorrono la superficie dei corpi; ha la facoltà di rendere i silenzi importanti quanto, se non più, delle parole.
La terra poi è un personaggio in mezzo agli altri, con la sua aridità respingente invoglia alla fuga e, contemporaneamente, tiene imbrigliati a essa.
Cosa dire poi degli stacchi improvvisi, questo passare da una scena all’altra; stacchi gestiti così bene da dare continuità e ritmo alla narrazione. Verrebbe da dire un montaggio cinematografico.
E come ultima cosa i frammenti di narrazione in corsivo, quasi come se fossero i pensieri di un’entità superiore che guarda dall’altro e che sa più di quanto sappia il narratore stesso.
Segnalo (sarebbe da fare sempre quando si ha a che fare con TerraRossa, ma ammetto che a volte me ne dimentico) la copertina di Francesco Dezio.
Come ultima cosa lascio una considerazione. Recuperare un testo significa donargli una seconda vita, ma per farlo ci sono dei costi e c’è della fatica. Mi rendo conto che la tentazione di risparmiare qualche euro e di ricorrere all’usato sia forte, ma comprando l’edizione TerraRossa state dando anche una pacca virtuale sulla spalla dell’editore che ha voluto credere ancora in un libro che era scomparso immeritatamente dai radar.
Luca Giordano (Moncalieri, 1985) si è diplomato in sceneggiatura al Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma. Scrive per il cinema e la televisione. Questo è il suo primo romanzo ed era stato pubblicato nel 2013 per ISBN Edizioni.