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L’arte di essere Bill Murray – Gavin Edwards

by Gianluigi Bodi
Bill Murray

Scherziamo? “L’arte di essere Bill Murrey“? Lo avrei comprato anche se lo avessero fatto uscire stampato sulla carta oleata del banco affettati. Non c’era nessuno ragione al mondo che mi avrebbe impedito di comprarlo. Insomma, “Lost in traslation” è ancora uno dei film più toccanti che abbia mai visto e “Ghostbusters” (Il primo, ovviamente…il secondo, beh, lasciamo perdere) è uno di quei film che guardo almeno una volta all’anno se ho voglia di una sana risata old school.

Ecco perché, appena entrato al Salone del libro di Torino, mi sono diretto subito allo stand di Blackie Edizioni e ho comprato “L’arte di essere Bill Murray” di Gavin Edwards. Intanto per cominciare il libro non lo hanno stampato sulla carta unta e bisunta, ma hanno prodotto un oggetto niente male che porta, in copertina, il faccione di Bill; allo stesso tempo sereno e pronto all’atto folle.

Il libro di Edwards non è, per quel che mi riguarda, la solita biografia ingessata e noiosa, è bensì un’alternanza di fuochi d’artificio, di esplosioni di vitalità che Bill Murray ha compiuto nell’arco degli anni. Quello che Edwards fa è farci ripercorrere, non solo la vita di Murray o la sua carriera, bensì la scia di piccole e grandi azioni che lo hanno reso così amato al pubblico. Guidare un golf cart in pieno centro di Stoccolma? Fatto. Firmare autografi con un nome non suo? Fatto. Comprare una quantità di brioches sproporzionata solo per poterla distribuire al pubblico fermo a guardare le riprese? Fatto. Imbucarsi a una festa? Cantare al Karaoke con degli sconosciuti? Chiamare un vecchio amico ogni volta che la moglie attrice, sullo schermo, sta facendo sesso con Patrick Swayze? Fatto. Fatto. Fatto.

Bill Murray è il maestro zen; è il faro guida di un culto a cui, probabilmente, lui nemmeno vorrebbe partecipare; è una di quelle persone che ha raggiunto quel punto della sua carriera in cui può decidere di lavorare se ha voglia, quando a voglia e solo se la cosa lo diverte. Non lo invidiate un po?

Poi ci sarebbe da dire che un libro di questo tipo, che a tutti gli effetti raccoglie le testimonianze di tutti coloro che hanno avuto la fortuna di assistere a uno dei clamorosi colpi di genialità di Murray, può rimanere in piedi solo ed esclusivamente se chi lo ha scritto prova una vera e propria devozione nei confronti del soggetto raccontato. Gavin Edwards dà esattamente questa impressione. Io me lo vedo, mentre trascrive al computer qualche episodio che gli hanno appena raccontato, me lo vedo soccombere a un risolino quasi isterico. Insomma, come deve essere passare attraverso l’uragano Bill Murray? Può essere una di quelle esperienza che ti cambia a vita? Sì, no, forse. L’idea che mi sono fatto è che dovremmo tutti avere un po’ di Murray dentro di noi. A piccole dosi, immagino, un approccio così disarticolato nei confronti della vita e tutto il resto, non può che cambiare le nostre prospettive.

Purtroppo non sono mai stato bravo a seguire guru, a frequentare culti, a bazzicare sette e club. Quindi, per me, “L’arte di Bill Murrey” resterà il ritratto di un genio folle con cui mi farebbe tanto piacere bere un paio di bicchieri di vino parlando di musica e letteratura. Il massimo che potrebbe succedermi è che non si presenti all’appuntamento.

Traduzione di Michele Martino.

C’è un altro libro di Blackie Edizioni recensito su queste pagine, si tratta di “Gli schifosi” di Santiago Lorenzo. Devo dire che Blackie Edizioni mi incuriosisce molto. Ha deciso di provare un formato di libro che, dopo averlo letto, puoi decidere di tenere bene in mostra sulla scrivania. Oltre a questo la scelta dei titoli mi sembra coraggiosa e dotata di una forte personalità.

Gavin Edwards è autore di otto libri inclusi nei bestseller del New York Times, tra cui Last Night at the Viper RoomCan I Say (scritto con Travis Barker), VJ (scritto con i vj originali di Mtv) e ’Scuse Me While I Kiss This Guy. Collabora da molti anni con Rolling Stone, per cui ha scritto una decina di storie di copertina, ha girato il mondo dal Bahrein alla Nuova Zelanda e ha preso un autobus per andare ai Grammy. Vive a Charlotte, North Carolina, con la moglie e i due figli.

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