In prima elementare ero spaesato, mi trovavo da solo, senza i miei genitori in un ambiente nuovo. Non sapevo scrivere, non conoscevo nessuno, piangevo. Che situazione impossibile, pensavo. Ad aggravare il tutto ci fu la presenza di un bambino bocciato. Già, in prima elementare avevo già in classe un ripetente. Le cose che si dicevano su di lui erano abbastanza preoccupanti. Pare rispondesse male alla maestra, le tirasse i capelli, la prendesse a calci. Non so se fosse vero, so che di sicuro veniva da una famiglia messa davvero male e lui ne subiva le conseguenze, emotivamente e fisicamente. Quella presenza “ingombrante” ma la portai avanti fino alle medie, i suoi progressi furono davvero scarsi, in terza media scriveva e leggeva come un bambino di 8 anni.
Poi ho perso le sue tracce. Non c’ho pensato poi molto a lui. Mia madre, che è rimasta a vivere dove stavo da bambino ogni tanto mi racconta qualche sua gesta. E’ finito male, il padre si è ucciso o l’hanno ucciso, lui l’hanno beccato con parecchia droga, entra ed esce dal carcere e dalle comunità per tossicodipendenti. Sono le notizie che tua madre ti da per farti capire che nella vita ti poteva andare peggio e che tu usi per farle capire che nella vita le poteva andare peggio.
Non ci pensavo più a questo bambino. Fino a stamattina, fino al momento in cui mi sono imbattuto su un video messo su Facebook da un’amica americana.
Antefatto: pare che nella civile America sia scoppiato un caso perché per pubblicizzare i cereali Cheerios hanno usato un famiglia interraziale. Madre bianca, padre nero, bimba ovviamente con un colore della pelle congruo. Tutti attori.
La cosa ha scatenato migliaia di tigri della tastiera che si sono evidentemente iscritte al concorso: Scrivi il commento più cretino che ti viene in mente.
Avevo sentito della polemica, ma l’avevo accantonata da qualche parte, probabilmente perché ormai assuefatto dalle polemiche in generale, vista la nazione in cui vivo.
Oggi appunto mi imbatto in questo video pubblicato da Dailydot.com
La pubblicità viene fatta visionare ad alcuni bambini di varie etnie e età. La guardano e la trovano divertente. L’intervistatore a questo punto inizia con le domande. Chiede ai bambini se riescono a capire il motivo per cui alcune persone si sono arrabbiate alla vista di quel commercial. I bambini non vi trovano nulla di offensivo. L’intervistatore allora chiarisce che il “problema” è la famiglia a razza mista. A questo punto i bambini capiscono, identificano il presunto problema e non riescono a spiegarsi come nel 2013 ci sia gente che ancora “vede” in quel modo la gente che li circonda. Il mio preferito è un ricciolino che con espressione stranita dice: I don’t get it. Un bambino di origini asiatiche dice che non capisce perché la gente perda tempo a commentare le cose che non le piacciono. Bravo, penso, non capisco nemmeno io. E’ pure la filosofia di Senzaudio, ma lui ovviamente non lo sa.
Altri bambini si alternano, mi colpisce la loro capacità di esporre i propri pensieri, il proprio dissenso con i commentatori idioti, mi colpisce e penso che sembra tutto un po’ “finto”, ma poi lascio cadere questo pensiero perché oggi voglio essere ottimista e avere fiducia nelle prossime generazioni.
E allora mi ritorna in mente quel mio compagno di classe, mi ritorna in mente quello che pensavo su di lui. Il fatto che mi ero convinto che con l’età lui sarebbe migliorato, che da adulto avrebbe capito cosa sbagliava e si sarebbe rimesso in riga.
Ed invece io da bambino ragionavo su paradigmi diversi, non avevo ancora messo nell’equazione il peso che ha l’influenza degli adulti sulla vita che i nostri figli avranno in un futuro prossimo.
Era già corrotto il ragazzo, per colpe non sue l’avevano già messo su un sentiero che non poteva portare in nessun luogo dorato. Ci sarebbe voluto un colpo di fortuna, delle persone che lo amavano a dargli una mano e nemmeno quelle sarebbero state una garanzia di successo.
Ed infine, tra un salto nel passato e uno nel presente ritorno ai bambini del video. Ai bambini che non capiscono, che non capiscono e che avranno bisogno di adulti per capire meglio. Quegli adulti che siamo noi. Quegli adulti che hanno corrotto il mio piccolo compagno di classe e che potrebbero corrompere anche questi bambini americani, mettendogli strane idee in testa.
Peccato perché è tutto molto semplice da capire. Il fatto è solo uno.
Il fatto è che loro sono più intelligenti di noi. Siamo noi il loro problema. Siamo noi a corromperli. Loro nascono già sul tracciato corretto, siamo noi a portarli fuori strada.
In quella pubblicità loro non “vedono” il problema perché non c’è. Noi poi il problema glielo creiamo e gli insegniamo a vederlo. Ma non ce ne sarebbe proprio bisogno.
Non so quello che farete voi con le vostre generazioni future, non sono fatti che mi riguardano probabilmente e quindi eviterò di venirvi a dire cosa fare con la vostra vita e la vita dei vostri eredi.
Vi dico però quello che spero di riuscire a fare io.
Tornerò a casa ogni sera nella speranza che mio figlio mi insegni ogni giorno qualcosa di nuovo, rendendomi più intelligente e portandomi sul suo sentiero. Che è molto più bello di quello in cui sto camminando io ora.
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Standing ovation.
pdb