Home Inchiostro - Recensioni di libri indipendenti e non. Alta Fedeltà o del curarsi dalla sindrome di Peter Pan

Alta Fedeltà o del curarsi dalla sindrome di Peter Pan

by senzaudio

Vi devo confessare che spesso sono stato tacciato di essere malato della sindrome di Peter Pan. Prevalentemente da ex fidanzate che hanno tentato invano di staccarmi dalle sale giochi (prima) e dalla Playstation (poi). La frase più comune che mi capitava di sentire in quei frangenti era: non sei abbastanza maturo per stare con me. Come se, smettere di giocare significasse essere maturo. E allora perché non smettere di sognare, non smettere di vestire con abiti colorati, non smettere di guardare un telefilm che amiamo, non smettere di chiacchierare con il proprio migliore amico d’infanzia?
In realtà, e questo non riuscivano a capirlo, non è il problema fosse nei giochi che facevo o nei sogni ad occhi aperti, il problema stava semplicemente nel fatto che non avevo abbastanza voglia di cambiare le mie abitudini per la persona con cui stavo in quel momento. Non ne valeva la pena.
Eppure, io su questa storia della sindrome di Peter Pan (d’ora in poi SPP) c’ho riflettuto spesso a partire proprio dalle lamentele delle mie ex ragazze. Come si prendeva questa sindrome? Era una malattia? Era contagiosa? Si poteva curare nel caso uno lo volesse?images
Se poi chiedevi aiuto agli altri, non c’era nessuno che riuscisse a spiegarti in maniera esaustiva di cosa si parlasse quando si parlava di SPP. Ma allora, se nessuno sapeva bene cos’era, come si poteva contrastarla o anche solo capirla? Certo, ovviamente tutti ti portano l’esempio del personaggio al quale la sindrome si ispira, quel benedetto ragazzino Peter Pan che si rifiutava di crescere. Ma a me sembrava un po’ pochino, non mi piaceva, mi sembrava come se ad un bambino che ti chiede il perché di una cosa tu rispondi: perché è così.
La sindrome per me non sta nel voler rimanere giovani a tutti i costi, ma nel pensare che qualcosa di magico possa succedere sempre e che l’evento stia dietro l’angolo ad aspettarci, solo che noi non sappiamo quale sia l’angolo.

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