Forse è meglio la tormenta. Di neve. Sempre se si è al caldo, e non fuori. Con il calore del fuoco che brucia. O col caldo dei caloriferi. E poi, finita, diventare tutti bambini e pensare solo a divertirsi. Sì, decisamente meglio. Meglio di quel virus tipicamente estivo, ad alta, altissima, trasmissione, che colpisce milioni di italiani. Un virus i cui effetti si manifestano dopo settimana di latenza. Uno si crede immune, prova un misto di commiserazione e derisione per chi ne è già vittima, fino a quando, all’improvviso, ecco gli effetti. Generalmente, il sintomo principale si nota sotto la doccia. Nessuna macchia strana. E’ quanto esce dalla bocca il problema. Note, parole. Sole cuore amore. Vamos a la playa. Il tempo va e passano le ore. Hanno ucciso l’Uomo Ragno.
E’ il tormentone, fenomeno tipicamente estivo, cui nessuno può dirsi immune. Puoi tenere spenta la radio, ma te lo ritrovi protagonista nei servizi televisivi. Oppure, la senti quando sei in giro. E se si è in spiaggia. si fa prima ad arrendersi. Il tormentone è il tormentone. Tormenta, appunto. E come potrebbe essere diversamente? Col nome che si ritrova…
E’ un virus che porta a canticchiare praticamente tutti. Non risparmia alcuno. a tal punto che esce spontaneamente dalla gola. Lavora sul subconscio, che poi viene puntualmente maledetto. Minuti e minuti di esposizione a questo virus, penetrazione, profonda, nel proprio ego, periodo di incubazione, eruzione, periodo di sfogo e superamento della malattia. A settembre, quando tutto ha fine, o inizio se preferite. Addio spiagge, addio monti. E’ tempo di scuola, di ufficio. Ricomincia la solita vita. E scatta la nostalgia. Dell’estate. Di quello che si ha vissuto. Delle emozioni provate. Dei posti visti. Del tormentone. Sì, perché ci ha fatto compagnia. E quando, anni dopo, si riascolterà quella canzone, volti, voci, sapori, posti prenderanno nuovamente vita.
Per poi dire: non ci sono più i tormentoni di una volta. Anzi, non ci sono più.