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Vivian Abenshushan – Fate fuori il vostro capo: Licenziatevi!

by Gianluigi Bodi
Vivian Abenshushan

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Ok, lo ammetto, se qualcuno mi viene a dire che devo mandare al diavolo il mio capo e licenziarmi, il primo pensiero che mi passa per la testa è che questo qualcuno non sia proprio equilibrato. Un eufemismo per dire che non ci sta proprio con la zucca. Eppure, dopo aver letto “Fate fuori il vostro capo: licenziatevi!” ho capito che da qualche parte una via di mezzo c’è e che Vivian Abenshushan sta solo cercando di indicarvi la via.

“Fate fuori il vostro capo: Licenziatevi!” è una sorta di reportage del percorso che ha portato l’autrice a lasciarsi alle spalle una vita piena di stress, una vita in cui si potevano anche guadagnare bei soldi, ma non c’era mai il tempo per goderseli.
Ci hanno educato a rendere il nostro tempo produttivo al massimo, staccare la spina per noi significa avere dei sensi di colpa, le vacanze si trasformano in quel luogo in cui lentamente cresce l’ansia del ritorno al lavoro, l’impatto con quel muro di email e pratiche da gestire. La Abenshush, partendo dalla propria esperienza personale, cerca di mostrare che una diversa via c’è. Che si può essere educati all’ozio, anzi, che molte delle idee che hanno rivoluzionato il mondo non sono nate in un ufficio, ma all’aria aperta, passeggiando, pensando oziosamente.
Se tornate a casa la sera tardi, stressanti e con le borse sotto gli occhi, se non avete tempo per i vostri figli, se non vi ricordate più di che colore hanno gli occhi i vostri figli e i vostri mariti è molto probabile che l’ozio nella vostra vita sia totalmente assente. Non è necessario rompere i ponti con la propria vita passata, è, quello sì, necessario trovare un equilibrio.

Il libro di Vivian Abenshush è godibilissimo, una miniera di spunti e di aneddoti che ci dovrebbero far rivalutare l’importanza del passo lento, della pennichella sul prato e del tramonto sulla spiaggia.
Per quelli di voi che si dilettano con la scrittura, una delle sezioni del libro si intitola “Lo scrittore occupato, troppo occupato”, lo troverete illuminante.

Puntuale la traduzione di Francesca Bianchi, destreggiarsi in un testo come questo, a metà tra il diario e il saggio non dev’essere stato per nulla facile. La lettura scorre veloce e piacevole proprio come dovrebbe essere in testi come questo.

Eris ci ha abituato a fumetti di altissima qualità, sia dal punti di vista dei contenuti, sia dal punto di vista del materiale impiegato per produrli. Il libro di Vivian Abenshushan non fa eccezione e la copertina accattivante (immagine di Roberto la Forgia) ammicca alle produzioni fumettistiche per farci entrare inconsapevolmente in una dimensione ancora più matura.

Vivian Abenshushan (Città del Messico, 1972) è una scrittrice, saggista e giornalista messicana. A 33 anni ha scelto di lasciare il suo lavoro come caporedattrice di una rivista e le annesse prospettive di carriera per dedicarsi soltanto alla scrittura e a una vita più “sostenibile”. È una delle fondatrici della casa editrice Tumbona ediciones. Il suo interesse per la contaminazione tra discipline diverse la porta, nel 2001, a creare il Laboratorio de Escritura Expandida, un laboratorio di scrittura espansa, itinerante e multidisciplinare, che indaga le corrispondenze tra linguaggi diversi come poesia sonora, scrittura in azione e poesia visiva.
Alcuni suoi scritti sono apparsi in diverse antologie. Ha pubblicato una raccolta di racconti El clan de los insomnes (Tusquets, 2004) e raccolte di saggi come Una habitación desordenada (El Equilibrista/UNAM, 2007) e Julio Ramón Ribeyro (Nostra Ediciones, 2009). Alcune delle sue ultime pubblicazioni si possono trovare in rete: Contraensayo. Antología de ensayo mexicano actual (UNAM, 2013) e “El mal de Satie” nella raccolta De un nuevo modo. Antología de cuento mexicano actual (UNAM, 2013).

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