Paratesto:
Nel 2014 capita pure che se leggi, in treno, un libro dalla copertina rosa, qualcuno ti chieda se stai leggendo un Harmony. Nel 2014 capita anche che, sempre in treno, qualcuno ti fissi per capire cosa ti spinga a leggere un libro che è rosa e ha un titolo da saggio economico. Nel 2015, penso, tirerò fuori di nuovo il libro per controllare se qualcosa è cambiato.

Testo:
Uno scrittore che non conosci, che scrive in un modo che non ti è familiare, lo devi avvicinare a poco a poco. La sua è una voce che non hai mai sentito prima, non suona come suonano le altre. Di punto in bianco devi far tuo un ritmo nuovo, che può risultare imprevedibile, che può esserti indigesto oppure ingolosirti sempre di più.
Alan Pauls e la sua “Storia del Denaro” è un esempio del secondo caso. E’ un tipico esempio di come lo sconosciuto improvvisamente diventi familiare, di come il ritmo entri lentamente e diventi parte di te, come se lo conoscessi da sempre, come se non avessi fatto altro che leggere libri di Alan Pauls dalla mattina alla sera per dieci anni di fila.
La storia del denaro è una storia autobiografica, la storia di una famiglia, un filo conduttore che lega i destini di questa famiglia allargata. Un morto, una valigetta piena di soldi che non si trova, una madre spendaccione sempre a corto di spiccioli che saccheggia il salvadanaio del figlio, un padre dedito al poker, come se fosse una religione, che fa fruttare i soldi in modi sconosciuti e la voce narrate, quel bambino che ha imparato a vedere la propria vita e quella degli altri attraverso i soldi.
Ma, aldilà della trama, ciò che colpisce di Pauls è la scrittura. Lunghi e profondi paragrafi che rischiano di far perdere l’orientamento. Costruzioni sintattiche decisamente perfette. Opere geometriche di incalcolabile precisione narrativa. Qui sta il fulcro del valore di Pauls e del suo libro. La capacità di generare una storia avvolgendo il lettore, portandolo nelle profondità della psiche del narratore attraverso un percorso linguisto quasi spiraleggiante. I lunghi paragrafi esigono di essere letti tutto d’un fiato, sono una gabbia che attira il lettore e lo imprigiona.
E ad un certo punto, ti guardi alle spalle, il libro è finito, c’è solo la postfazione di Vasta davanti a te e sai, comunque vada, qualsiasi cosa possa dire l’uomo che ammiri, che hai letto un libro che rileggerai tra qualche anno.

Coordinate:

Il mio rapporto con le edizioni Sur sta diventando una sorta di dipendenza. Leggere i loro libri è un piacere stratificato. Il primo strato è l’impatto che ogni notizia relativa ad una loro pubblicazione ha su di me, amante della letteratura latino americana. Il secono strato è il piacere di acquistare, tenere in mano, mettere in bella vista sulla libreria, uno dei loro libri colorati e pieni di vitalità (come io considero la letteratura latino americana). Il terzo strato è il piacere della lettura, la scoperta di autori per me sconosciuti, la scoperta di piccole gemme dimenticate.

alan pauls

Le note sull’autore le prendo dal sito di Sur, sono un po’ striminzite, ma in fin dei conti, siete qui per il libro e, solo in un secondo momento per l’autore: Alan Pauls è nato a Buenos Aires nel 1959. Ha pubblicato sei romanzi fra cui Il passato (Feltrinelli 2007) e Storia del pianto (Fazi 2009).

C’è una postfazione di Giorgio Vasta, di cui non vi dirò nulla se non una cosa precisa: avete letto questa recensione per niente, tutto quello che c’è da dire l’ha detto Vasta.

Un grande e sentito grazie a Maria Nicola, la traduttrice. Grazie per aver reso possibile la lettura di questo libro anche ai non addetti allo spagnolo. Grazie per tutta la fatica buttata su queste pagine. Mentre leggevo i paragrafi impegnativi mi chiedevo quante volte era stato necessario tornare indietro per riprende il filo del discorso. Sul serio, grazie.

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