Ho fissato questo spazio bianco per qualche minuto. Incapace di iniziare a raccontarvi le miei impressioni. Ho pensato che era finalmente arrivata l’ora di smettere di scrivere su questo sito. L’orrore della pagine bianca aveva finalmente colpito.
Ed invece poi è passato, mi sono ripreso dallo stordimento provocato da “La copia infedele” di Stefano Trinchero e ho iniziato a battere sui tasti nel vano tentativo di comunicare quelle sensazioni che ora mi sono rimaste appiccicate alla pelle.
Non amo particolarmente i gialli. Le inchieste poliziesce intrise di colpi di scena e di personaggi sterotipati. Non amo lo spiegamento d’armi, le zuffe ipercoreografiche, le pozze di sangue. Le morti violente di personaggi che non hanno spessore, sono bidimensionali. Non amo quando la trame è l’unico legame tra l’inizio e il punto finale.
Grazie a dio Stefano Trinchero ha scritto altro. Qualcosa che mi ha tenuto compagni durante i viaggi in treno, qualcosa che mi ha fatto sperare che questi viaggi durassero un po’ di più.
La storia iniza con un incidente. Gonzalo Malagutti, attaccante della Lungodoriana (terza squadra di Torino), giocatore di calcio indolente, pigro ma dall’enorme talento sprecato, amante dalla notte e degli eccessi, viene travolto e lasciato in fin di vita sul ciglio della strada da un auto pirata. Il giornalista Riberto notizia deve essere spremuta e Riberto comincia la sua personale caccia al colpevole. Alle spalle c’è una truffa che convolge le assicurazioni e un ispettore assicurativo, devoto e tutto d’un pezzo che vuole anche lui far luce sull’accaduto. Tutto intorno danzano Isabella, Alessio, Remy e Ientini e tutti gli altri personaggi che rendono “La copia infedele” un libro vero. Un libro degno di essere chiamato in questo modo.
Stefano Trinchero cura con passione sia prosa che dialoghi. Questi ultimi hanno la grandissima qualità di sembrare autentiti, captati tra la folla. La prosa poi è un piacere da leggere. “La copia infedele” non è quel romanzo giallo dal lessico iperseplificato, dai risvolti morbosi, dalla ricerca ossessiva del cliffhanger. Questo è un libro che narra di persone perdute, persone che sono condannate a vivere una vita che probabilmente non hanno progettato. Sembra di vederli, intabarrati nei cappotti, con la sigaretta in bocca mentre a testa bassa sfidano il vento, mentre camminano nel grigiume di una Torino che si lascia alle spalle la città e si infila nella periferia sbeccata del ventunesimo secolo.
Francamente non ho avuto mai il minimo interesse a scoprire chi fossero i colpevoli e per quale motivo Malagutti era finito su quel marciapiede. Tutto ciò che ho voluto è stato far parte della vita dei personeggi per un po’ e cullarmi al pensiero di riflessioni che sono anche mie.
Quello di Stefano Trinchero è un esordio. Ho l’impressione che sarà uno dei migliori esordi del 2016. Di sicuro ha lasciato un segno da queste parti.
Si dice che l’occhio voglia la sua parte. Si dice che la prima impressione sia quella che conta. Di certo so che la copertina disegnata da Gianluigi Toccafondo ha favorito il mio innamoramento nei confronti di questo libro.
Stefano Trinchero è nato a Vercelli nel 1979.
Vive a Torino. La copia infedele è il suo primo romanzo.
15 comments
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peccato che si possa mettere un <3 solo
perché a @Senzaudio ne avremmo voluti dare almeno dieci 🙂
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