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Stefano Domenichini – Storia ragionata della sartoria americana nel secondo dopoguerra (e altre storie)

by Gianluigi Bodi
Stefano Domenichini

A memoria questo è il primo libro della casa editrice Autori Riuniti che recensisco su Senzaudio. Ho comprato “Storia ragionata della sartoria americana nel secondo dopoguerra (e altre storie)”, al Bookpride 2019, dopo aver assistito alla presentazione da parte dell’autore, Stefano Domenichini, in coppia con Michele Vaccari. Non è che tutte le presentazioni a cui io abbia assistito mi abbiano fatto venir voglia di comprare il libro, ma questa sì. Mi ero fatto l’idea che, qui dentro, ci avrei trovato qualcosa di nuovo, di poco battuto e di più fresco, se mi consentite il termine.

Ed in effetti è stato proprio così. Il llibro si compone di tre storie lunghe. Quella che dà il titolo alla raccolta, “Storia ragionata delle lenti a contatto” e “Storia ragionata degli anni ’80”. Tre storie che, partendo da punti diversi, convergono nello stesso luogo. Un ritratto ironico e sarcastico di quello che siamo diventati, dell’essere umano del nuovo millennio.

Andando per ordine, la prima delle tre storie racconta come un sarto di nome Zapruder si sia trovato al posto giusto al momento giusto (per lui). Grazie ad una moglie terribilmente simile alla madre, all’incapacità di opporsi al consumismo, ma anche alla madre stessa, alla passione bruciante per le belle donne, ecco che Zapruder si trova su una collinnetta, su un piano di cemento, con una cinepresa in mano, mantre a Dallas, nel ’63, passa il corteo presidenziale. Diventerà l’autore di uno dei filmati più importanti della storia e quel filmato farà la sua fortuna, oltre a quella degli eredi. Domenichini, in controtendenza con l’autofiction, prende un personaggio realmente esistito, prendo un contesto reale e storicamente verificabile e usa tutto questo materiale per creare una storia di finzione. Il risultato è eccellente.

Nella breve storia delle lenti a contatto, un uomo perde una lente a contatto e questo è il pretesto per raccontare la storia, non delle lenti a contatto (anche se qualche accenno c’è, si arriva perfino a scomodare il vecchio Da Vinci), ma delle sue lenti a contatto e delle persona che hanno contribuito a farle arrivare fino ai suoi occhi. Il Doc distrutto da una crisi d’amore, l’ottico che si preoccupa dei mancati controlli e pure il narratore stesso, che per anni era convinto di essere affetto da una malattia “irregolare” e che invece poi scopre di avere le cornee a cono.

Nell’ultima delle tre storie, quella degli anni ’80, incontriamo un personaggio fittizio, tale Ravaioli, uno che vende cancelli in tutta Italia e che scopre, grazie a una illuminazione durante un incontro fortuito con Tronchetti Provera, che è più importate sembrare di essere ricco piuttosto che esserlo davvero. Apparire è meglio che essere. È già questo credo possa essere il riassunto più efficace dello spirito del tempo. La scalata di Ravaioli è inarrestabile, accantona la vecchia vita e ne abbraccia un’altra, si spinge sempre più in alto, fino al suo ingresso in politica, fino a che Tronchetti Provera lo tratterà da pari. A quel punto nulla sembra avere più l’importanza, tutto sfuma nell’inutile di una corsa a cui non hanno assegnato un traguardo.

Dicevo, all’inizio, che queste storie sembrano puntare tutte verso un unico bersaglio. Pur partendo da situazioni e contesti diversi, mi sembra che, leggendole, nella loro interezza, l’autore sia riuscito a dare un ottimo ritratto dell’essere umano sballottato come una pallina del flipper in un mondo consumistico. Consumismo come religione, l’apparenza come credo, la mancanza di un giudizio critico alla base di qualsiasi svolta sociale. Pensare è superfluo, pensare è una zavorra, assimilare ed essere assimilati è l’unico modo per interagire con i propri simili e tenere a bada l’ansia. Essere diversi è l’ansia stessa.

Stefano Domenichi nei suoi racconti usa una lingua viva che procede a strattoni, come i cavalli imbizzarriti tenuti a bada dalle briglie; la digressione è dietro l’angolo, l’inciso è alla base di tutto, l’ignoto dietro l’angolo è fondamentale. Ciò che ne risulta è un libro profondamente impregnato di sarcasmo e ironia, autoironia, a volte. Perché si ha sempre l’impressione che l’autore ci punti il dito addoso e ci dica: guarda che sto parlando di te; e poi, abbassando lo sguardo, senza farsi sentire, rivolto al cemento, aggiunga: ma anche di me.

Stefano Domenichini vive a Reggio Emilia. Ha pubblicato Acquaragia (Perdisapop, 2010), con cui si è classificato secondo al premio Chiara 2010, L’otto orizzontale (Fallone Editore, 2018) e i racconti Il Bristol nero e Acquaragia rispettivamente nelle antologie Amore e altre passioni (Zona, 2005) e Lama e Trama 3 (Zona, 2006). Il suo racconto intitolato Apertura alla Napoleone è contenuto nell’antologia In Viaggio (ed. Il Gattaccio, 2017). Altri racconti sono stati pubblicati dalle riviste Poetarumsilva e Sdiario.

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