Éric Chevillard – Sine Die

by Gianluigi Bodi
Sine Die

Subito dopo lo scoppio della pandemia all’interno della mia bolla social ha iniziato a serpeggiare (non mi viene in mente un verbo migliore) una domanda: quanti libri vedremo uscire nei prossimi mesi sul Covid-19? Questa mattina ho preso la prima piattaforma di autopubblicazione che mi è capitata tra le mani e ho fatto una ricerca. Ci sono, al momento, tre pagine intere di libri dedicati a questo o a quell’aspetto del virus. Circa una trentina di risultati…per una sola piattaforma. Ma questa è l’editoria senza filtro, quella che accetta tutto. Nei prossimi mesi sarà interessante capire quanti libri verranno pubblicati da quella parte dell’editoria che, si suppone, cerca la qualità nei testi che pubblica. La prima domanda di cui sopra ne ha portato un’altra. Avrò voglia di leggere un libro che parli di quello che è successo e di come si è modificata la nostra vita? Avrò voglia di leggere un libro che mi dica come mi devo sentire adesso in relazione a ciò che ho vissuto durante? La mia risposta, oggi, è no. Non ne avrei voglia. Però…

Èric Chevillard è differente. Prima di tutto, avendo letto alcuni dei suoi precedenti libri so di cosa è capace. Quindi, primo punto a suo favore: è un genio, folle, ma genio. Secondo. “Sine Die” non mi racconta quando ne uscirò forte e rinvigorito, quanto l’emergenza farà uscire il meglio di me…perché non sarebbe vero. Sono la stessa persona di prima, con qualche problema in più da gestire, ma c’è chi sta peggio di me e quindi mi devo ritenere soddisfatto.
Éric Chevillard in “Sine Die” racconta la sua clausura, fa una “Cronaca del confinamento”, ma la fa a modo suo; con uno stile surreale e caleidoscopio Chevillard racconta come ha vissuto il lockdown nella sua casa francese, racconta dell’amicizia con il ragno Lachasis e racconta come ha trascorso il tempo per, aggiungo io, non impazzire.
Ed è bello, almeno per me, leggere tanti tratti con comune tra quello che ho vissuto io e quello che ha vissuto uno scrittore francese di successo. Questa comunanza di alti e bassi, di angosce, di ricerca di una verità assoluta da utilizzare come scudo nei confronti delle migliaia di voci sguaiate, violente, sbagliate, che non facevano altro che inquinare la comunicazione dei fatti reali. Chevillard procede a vista, come ho fatto io, e dice, a modo suo, siamo passati attraverso questo uragano, ci saranno rovine da raccogliere e costruzioni da rimettere in sesto e lo faremo, perché siamo fatti così, non ne usciremo migliori o peggiori, ne usciremo. Punto.

È stato bello leggere “Sine Die”, prenderlo a piccole dosi cercando di capire tutto quello a cui si riferisce Chevillard, è stato bello leggere e sentire la vicinanza con l’autore, sapere che anche trattando un tema complesso come questo lui sia in grado di mantenere chiara e forte la sua voce istrionica, quello stile in cui ti sembra che ti stia prendendo in giro, che stia scherzando con il lettore, mentre in realtà sta raccontando qualcosa di cui bisognerebbe far tesoro.

Il libro viene pubblicato in anteprima mondiale da Prehistorica Editore. “Sine Die” è la raccolta degli interventi che Éric Chevillard ha scritto per “Le Monde” e poi sul suo seguitissimo blog. È una lettura che i fan di Chevillard troveranno molto familiare, per tutti gli altri sarà la porta per un mondo nuovo.

La traduzione è a cura di Gianmaria Finardi, probabilmente uno dei fan più sfegatati dello scrittore francese.

Piccola nota di colore. L’illustrazione di copertina è firmata Franz Kafka e penso che si tratti di una scelta perfettamente azzeccata.

Éric Chevillard è nato nel 1964 a La Roche-sur-Yon e, come recita non senza ironia il suo sito, “ieri il suo biografo è morto di noia”. Si tratta indubbiamente di uno dei massimi scrittori francesi contemporanei, che ha saputo suscitare il vivo interesse di critica e pubblico, anche all’estero. Ideatore del fortunatissimo blog letterario, L’Autofictif, ha nel corso degli anni ottenuto diversi e prestigiosi premi, come il PRIX FÉNÉON, Il PRIX WEPLER, il PRIX ROGER-CAILLOIS, il PRIX VIRILO e il PRIX VIALATTE per l’insieme della sua opera. Molti dei suoi capolavori sono tradotti, in inglese, spagnolo, tedesco, russo, croato, romeno, svedese e cinese. Nel 2013, la traduzione di un suo romanzo, Préhistoire(1994; Prehistoric Times), si è aggiudicata il Best Translated Book Award – premio statunitense assegnato dalla rivista “Open Letters” e dall’università di Rochester. Ha scritto oltre venti opere – volendo menzionare solo i romanzi – pubblicate dalla leggendaria casa editrice francese Les Éditions de Minuit, diventata grande con Samuel Beckett e il Nouveau Roman. Sul riccio è il primo testo in assoluto pubblicato da Prehistorica Editore, ed è a oggi il terzo romanzo dell’autore edito in Italia: tutti sono stati tradotti da Gianmaria Finardi.

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