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Il nome della madre – Roberto Camurri

by Gianluigi Bodi
Roberto Camurri

Quando uscì “A misura d’uomo” successe qualcosa che non mi era mai capitato di vedere prima. Non potevo aprire la mia pagina Facebook senza che l’occhio finisse sulla copertina del libro. Era ovunque. Non si poteva fare a meno di vederlo. Sembrava che tutti aspettassero quel libro, amici e non amici. Ho pensato che per quando non ci avessi mai fatto caso doveva essere “colpa” della mia bolla. Era evidente che una cosa del genere stava accadendo solo perché avevo una bolla social che, non proprio stranamente, convergeva su un unico obiettivo. Poi però il libro è andato in ristampa il giorno dopo l’uscita e poi è andato di nuovo in ristampa e ancora e poi ancora e poi credo di aver perso il conto. Le copie vendute eccedevano di gran lunga le persone all’interno della mia bolla, quella manifestazione continua di “A misura d’uomo” doveva aver varcato i confini.

Di norma non leggo subito un libro che ha un successo così immediato, lascio che i pareri decantino, aspetto che la tempesta si sia calmata, trovo che sia più facile, per me, leggere un libro quando non se ne parla più molto. Ma Roberto Camurri era un amico e io ero curioso…

…e veniamo ad oggi. Dopo un paio di anni di distanza, con un ritardo dovuto ai motivi che tutti potete immaginare, esce “Il nome della madre“. L’hype è lo stesso. La mia bacheca si è riempita della foto di quell’uomo appena appena decente (qui è l’invidia che parla) ricoperto da foglie di alloro. La giostra stava ripartendo e io, anche questa volta, non avevo voglia di aspettare.

“Il nome della madre” racconta la storia di Ettore e Pietro. Padre e figlio. La madre è assente. Sparisce quando Pietro ha un anno. Da allora questa assenza pesa tra i due, come se la madre avesse dovuto far da tramite tra i due uomini, li avesse dovuti mettere in contatto, decifrare le parole di uno per farle capire all’altro; ed invece non succede, l’assenza della madre genera un vuoto che viene riempito dal silenzio, dalla mancanza di comunicazione, forse dall’incapacità di comunicare. “Il nome della madre” ha una struttura circolare, in un qualche modo termina dove era iniziato, anche se c’è uno scatto generazionale in avanti, ma al di là di questa circolarità l’aspetto interessante della costruzione è quello che fa si che “Il nome della madre” vada a illuminare momenti precisi della vita dei personaggi. Poche scene precise che mostrano la crescita emotiva dei personaggi e i loro tentativi di affrontare la vita con i mezzi a propria disposizione. Un’assenza pesante come quella di una moglie, di una madre, lascia dei segni che difficilmente possono essere cancellati.

A far da sfondo c’è Fabbrico, il paese di origine dello scrittore, il paese che aveva già avuto un ruolo importante nel libro precedente e che qui diventa un personaggio, forse il personaggio che più di tutti viene descritto dei minimi particolari, un pensiero fisso di Pietro anche quando se ne allontana per motivi di studio. Tornare a Fabbrico per lui è sentirsi in pace, essere circondato da persone che lo conoscono, non essere uno qualcuno, essere Pietro fino in fondo.

“A misura d’uomo” era stato definito un romanzo per racconti, le storie si intrecciavano tra loro facendolo diventare quasi un romanzo corale. “Il nome della madre” è invece un romanzo a tutti gli effetti, la storia si concentra su pochi personaggi, alcuni dei quali sono vecchie conoscenze. Lo stile è molto descrittivo, Camurri si sofferma molto sulle piccole sfumature che rendono unici personaggi e sfondo, la sua è una scrittura molto sensoriale. Il ritmo si basa molto sulla ripetizione, sull’uso reiterato di parole a poca distanza tra loro, un uso che a tratti ricorda la cantilena e che comunque accompagna con delicatezza per tutto il libro. Queste ripetizioni a volte hanno il compito di sottolineare l’incertezza dei personaggi, di mostrarli umani, di mostrare i loro processi mentali.

Sono passati due anni tra i due libri e si vede. Si vede il lavoro di Camurri, si vede la maggior consapevolezza nella scrittura, si vedono i progressi ed è piacevole notarli, ma è altrettanto piacevole chiedersi quanti passi in avanti ancora potrà fare nei prossimi libri che pubblicherà.

Detto questo, qui sopra ho scritto il mio parere, ho cercato di togliere dal quadro il fatto che Roberto sia un amico e spero di esserci riuscito anche se ovviamente, non posso garantirlo ed è giusto che chi legge dubiti. Il libro mi è piaciuto, ne rileggerò degli spezzoni per riflettere sulle scelte stilistiche e sul loro impatto sul modo di raccontare la storia. Per il resto, leggetelo e decidete da soli.

Roberto Camurri è nato nel 1982, undici giorni dopo la finale dei Mondiali a Madrid. Vive a Parma ma è di Fabbrico, un paese triste e magnifico di cui è innamorato forse perché è riuscito a scappare. È sposato con Francesca e hanno una figlia. Lavora con i matti e crede ci sia un motivo, ma non vuole sapere quale. Scrive da pochi anni, anche se avrebbe voluto scrivere da sempre. A misura d’uomo è il suo primo romanzo.

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