Paratesto:
Voi non potete capire lo schifo che provo ogni volta che vedo un serpente. Sono viscidi, sfuggenti e nel dubbio che siano velenosi me ne tengo sempre ad una certa distanza. Scivolano silenziosi, di notte, si avvicinano alle loro prede e attaccano senza rumore.
Quando mi è arrivato questo libro ho dovuto ingoiare la saliva un paio di volte prima di iniziare la lettura. Un rispiro profondo, poi un altro, poi un altro ancora e via a pagina uno.

Testo:
Adoro quei romanzi in cui fin dalla prima riga di chiedi di che entità sarà la disgrazia che colpisce i protagonisti. Li adoro perché, in un certo senso, lettore e protagonisti vivono assieme l’attesa di un cataclisma che potrebbe non avvenire mai, perché mano nella mano passeggiano sotto un cielo oscuro che minaccia pioggia, ma che poi, come diceva mio nonno dall’alto della sua saggezza popolare: ma non che non fa niente.
Che poi, mio nonno lo diceva più che altro per tranquillizzare mia nonna, che aveva una paura matta dei temporali.
Fanta invece ha una vera e propria fobia per i serpenti, una fobia talmente radicata in lui da documentarsi in modo maniacale sulle vare specie. I “Serpenti” non stanno particolarmente simpatici nemmeno a me, ad essere sinceri, per cui, la fobia di Fanta l’ho potuta provare sulla mia pelle e sono convinto che abbia aumentato l’esperienza positiva della lettura.
Il libro inizia con un prologo, Fanta ricorda un’avventura con il lieto fine che ha visto lui e la fidanzata rimanere chiusi nello Zoo cittadino per poi liberarsi scavalcando un inferriata. E’ però presente, nei ricordi di Fanta, il serpentario e uno strano viaggio a Misiones.
Questo viaggio vede lui e gli amici (?) Polonio e Seco decidere di prendersi alcuni giorni da trascorrere lontano dal caos cittadino. La meta di fuga prescelta è un Estancia ad Apòstoles, un luogo infestato dai serpenti di tutte le razze. Ovviamente, complice la sua fobia, una serie di disavventure fisiche che colpiscono lui e l’amico Polonio e qualche inserito di natura, parrebbe, sovrannaturale, la vacanza diventa tutto tranne che riposante.
Daniel Krupa è davvero bravo a creare un perenne senso di suspance, una sospensione dei destini dei tre amici che li tiene sempre sull’orlo del precipizio anche quando loro stessi non se ne rendono conto. Leggendo continui a chiedere quando avverrà il botto, quando quel serpente mortale uscirà dai cespugli a tradimento, quando le presenze si manifesteranno, insomma, quando avverrà la catastrofe tanto attesa. Questa abilità a mantenerci sul filo rende le 112 pagine del libro veloci e sguascianti come un serpente e, senza accorgersene, siamo già alla fine, dopo aver letto le ultima pagine in apnea. Complice poi una scrittura essenziale, che sembra imitare i movimenti sinusi del tanto odiato rettile, leggere i “Serpenti” sarà di sicuro un’esperienza piavevole.

Coordinate:
A spanne, tutto il catalogo di Caravan Edizioni potrebbe stare su quella mensolina che avete sopra il termosifone, o sul comodino, magari. Eppure, non è dalle dimensioni che si giudica il lavoro di una casa editrice. Infatti, con “Serpenti” di Krupa, i tipi di Caravan fanno un altro centro perfetto. Il che significa che le persone che lavorano dietro le quinte sono competenti e fanno un lavoro di ricerca egregio.

Daniel Krupa è nato nel marzo del 1977 a Berisso (Argentina), scrive per le riviste «Gatopardo» (Colombia), «Zona de Obras» (Spagna), «El Planeta Urbano», «G7»e «Página/12», ed ha pubblicato quattro romanzi: Cerca (2006, Ed. Paradiso), Madrid (2008, Ed. Santiago Arcos), Serpientes (Ed. Gárgola, 2009) e Gelp! (2013, Ed. Club Hem), mentre El sobretodo metafísico è ancora inedito. Vive a La Plata.

Un plauso a Vincenzo Barca per il lavoro di traduzione e per far trasparire in ogni frase l’affetto che prova nei confronti del libro di Krupa. E’ evidente, leggendolo, che si è ventuta a creare una forte sintonia, un legame cementizio, tra autore e traduttore.

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