Guarigione – Cristiano de Majo

by senzaudio

Guarigione è il nuovo libro di Cristiano de Majo, autore napoletano trentanovenne, giornalista e acuto osservatore dell’universo letterario della non fiction.

Guarigione non è un romanzo, non lo è nel senso più comune che siamo abituati a dare a questa parola, ma è un libro, appunto, di non fiction, non finzione: scrittura che parla di fatti realmente accaduti, in questo caso della vita dell’autore e di una serie di esperienze che l’hanno sconvolta negli anni recenti: un tumore, la nascita di due figli gemelli, la scoperta di una malattia genetica di uno dei due bambini. Diario, memoir e autobiografia sono le etichette che si potrebbero usare per definire il libro, che sceglie, però, di non essere esattamente nessuna delle tre cose, cercando una libertà formale che va di pari passo con la sincerità.

Il libro racconta i fatti con un tono che si mantiene omogeneo, che non tocca picchi di drammaticità o di esaltazione, la prosa insegue il distacco di chi cerca di capire cosa sta succedendo alla propria vita con un approccio quasi scientifico. Eppure i momenti di felicità, di emozione, di dolore e presa di coscienza brillano di una luce autentica e memorabile.

Nelle pagine il passato e il presente si incrociano, momenti diaristici e privati si intrecciano ad altri più narrativi o saggistici ˗ Guarigione contiene un reportage di viaggio, una riflessione sulle fiabe, il racconto del rapporto dell’autore con il lavoro e i soldi (emblematico di una generazione), la storia di una famiglia e, ancora prima, la storia di una coppia, ed è anche il racconto del tormentato rapporto di un napoletano con Napoli. Ma c’è molto altro.

È una struttura ibrida, Guarigione, è un’architettura imprevedibile che sceglie di giocare il gioco di Joan Didion, di Emmanuel Carrère e, in Italia, di Emanuele Trevi, il quale, in libri come I cani del nulla (2003) o Senza verso. (2005), aveva già mischiato la propria vita al saggismo colto e letterario in cui è maestro.

Se Trevi è interessato all’arcano e all’arcaico, de Majo scandaglia i fondali di esperienze esistenziali universali: essere figlio, essere la metà di una coppia, diventare padre; essere sano, ammalarsi, sperare in una guarigione, guarire.

Nelle interviste recenti l’autore ha dichiarato che Guarigione vuole essere principalmente un libro sul tempo, su come il tempo passa e cambia la nostra vita, su come siamo obbligati a cambiare lasciando indietro le precedenti fasi di noi stessi. Questo mi ha fatto accostare Guarigione a Boyhood, l’ultimo film di Richard Linklater, girato nel corso di dodici anni (dal 2003 al 2013), che racconta la vita di un bambino, poi adolescente, poi ragazzo, dalle elementari all’università. Boyhood ci mostra la crescita e lo scorrere del tempo, il mutamento esterno, visibile, e quello interno, intangibile, evitando accuratamente la rappresentazione dei momenti che più siamo abituati a vedere al cinema, i cliché dei punti di svolta. È forse questo uno dei motivi per cui Boyhood e Guarigione continuano a innescare pensieri e riflessioni anche molto tempo dopo la visione o la lettura; entrambe le opere riescono nell’intento di rappresentare lo scorrere del tempo in maniera anticonvenzionale, si occupano di qualcosa che ci tocca tutti e lo fanno senza cercare la bellezza della forma ma trovando la bellezza nella fedeltà alle forme della vita.

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