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Schiavi e padroni dell’informazione

by senzaudio

Io qui non posso entrare. Io qui posso starci. Sono un giornalista precario, io qua non posso proprio entrarci.  Regole, divieti, limitazioni per i giornalisti della Calabria che non potranno stazionare liberamente all’interno della sede della Regione. Insomma, vengono chiusi in una area, una mixed zone di memoria calcistica, e solo lì potranno essere fatte delle domande. Se si dovesse incontrare un consigliere in bagno o davanti a una macchinetta del caffè è vietato parlarci.

I giornalisti potranno accedere in Regione solo i giorni del Consiglio, non quando lavorano le commissioni, e solo su permesso dell’Ufficio Stampa. Una limitazione bella e buona della libertà d’informazione, ma a sancirla è anche l’Ordine dei giornalisti della Calabria che vede nell’accordo, citiamo, “una scelta per tutelare i professionisti e pubblicisti con contratto, evitando che il Palazzo del Consiglio sia frequentato da cronisti precari”. journalismdigitalUna giustificazione che suona come un clamoroso autogol. Precari, che brutta parola, facciamo in modo che non entrino assolutamente, nemmeno nel recinto.

E qui si apre un’altra grande questione. Le accuse al mondo del giornalismo si fanno sempre più violente con una base qualunquista che non sa distinguere. I giornalisti proteggono i politici, è un tutt’uno da spazzare via e da sostituire con nuovi interpreti. E’ vero che il mondo dell’editoria italiana risulta essere concentrato in poche mani generando anche un conflitto d’interessi in grado di limitare la libertà e la qualità dell’informazione, ma è indubbio che le inchieste di qualità e i reportage non mancano mai, spesso anche a rischio della propria vita. Ecco, pensare a Domenico Quirico come a un membro di una Casta in combutta con la politica e gli affari suona stridente. Di certo, si deve aprire una riflessione sulla professione ai giorni nostri con una particolare attenzione ai più deboli, ai tanti precari, ai giovani che si affacciano scrivendo sui nuovi media, a chi in questo momento ha pochi diritti e che viene sfruttato. Ne è piena l’Italia, è arrivato davvero il momento di cambiare.

 

 

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