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Le storie di un libro – Digitale Vs. Cartaceo

by senzaudio

Carta Vs. Digitale

Carta Vs. Digitale

Se siete lettori come me, vi sarà capitato spesso di entrare in una libreria che tratta l’usato, oppure, vi sarete imbattuti in qualche bancarella nascosta qua e là per le strade della vostra città.
Il libro nuovo, quello che comprate e che magari dovete scartare dal cellophane racconta una sola storia, quella che c’è scritta con l’inchiostro e che leggete dalla prima all’ultima parola.
Il libro che comprate di seconda mano invece di storie ne può raccontare molte di più, almeno due, quella scritta, proprio come nell’altro caso e quella di chi lo ha posseduto.
Immaginatevi nell’atto di farvi strada tra colonne di libri accatastati uno sopra l’altro, messi assieme solo dal caso e senza che dietro ci sia un disegno preciso. Con un po’ di fortuna potreste trovare proprio quello che stavate cercando, qualcosa che qualcuno non ha voluto più.
E nelle pieghe del libro potreste trovare qualche tesoro nascosto dimenticato dal proprietario, una foto, un promemoria, la stessa dedica iniziale segno che il libro era un dono per qualcuno. Se vi va bene potreste anche sentire un po’ dell’affetto che quel dono porta con sé. Se vi capitasse per le mani un mio libro (cosa molto difficile perché io i miei libri, anche quelli brutti, non li vendo) potreste trovare scontrini e biglietti dell’autobus o del treno che io usavo come segnalibri improvvisati.
Quando mi capita di rileggere un libro spesso mi trovo tra le mani questi piccoli oggetti del passato che mi fanno fermare dal leggere e mi fanno riflettere su cosa stessi facendo quando ho letto quel libro per la prima volta. Tra una lettura e l’altra quante cose possono succedere nella vita di una persona.
Ecco, diciamo che i libri usati raccontano le storie di chi li ha posseduti perché assorbono un po’ dell’essenza del proprietario, macchie di caffè, un profumo particolare, una sottolineatura, le orecchie alle pagine per segnalare il punto in cui si era arrivati a leggere la volta precedente.
I libri presi in biblioteca sanno di mani di centinaia di proprietari e a volte uno si rende subito conto se chi l’ha maneggiato ne ha avuto cura oppure no. Mi sono capitati libri con pagine strappate, scritte volgari, copertine scollate e rattoppate. Mi sono capitati libri che dopo di me sono finiti al macero portandosi dietro tutto il loro carico di storie, pure la mia.
Oggi leggo molti ebook, il digitale mi è comodo, mi permette di assaggiare libri che altrimenti non avrei mai preso in considerazione (più per ignoranza del sottoscritto che per demerito del libro stesso), eppure so che mentre leggo su questo schermo luminoso, perdo qualcosa dell’esperienza che mi dava leggere dei libri cartacei raccolti da una pila malferma.
Leggere un libro nuovo, quello lo posso fare anche sul mio tablet, addirittura sul telefonino se c’è troppa confusione in treno, ma leggere un libro usato, quello lo posso fare solo se il libro è fatto di carta, colla e spago. Quel tipo di esperienza, quell’esperienza che ti fa diventare un po’ investigatore e un po’ viaggiatore del tempo, quella non può essere replicata da una serie pressoché infinita di 0 e 1.

Commenti a questo post

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1 comment

pdb 6 Maggio 2013 - 9:17

Tesi assai condivisibile.
Indubbiamente il fascino dell’oggetto “tangibile” (versus digitale) si presta a quell’arricchimento – anche inconsapevole ed involontario, come puo’ essere una piegatura di pagina o un biglietto di treno – dato dall’utilizzo stesso del libro.
Personalmente quando studiavo sono sempre stato un fan della sottolineatura accrescitiva: prima matita, poi penna, poi pennarello fine, quindi evidenziatori. Alla quinta ripassata l’Effetto Arlecchino era inesorabile.
Conservo alcuni testi di economia del periodo universitario come un cimelio da sfogliare nell’eta’ della pensione solo per il piacere di rivedere i miei commenti e le sottolieanture. Ma qui siamo nel campo della perversione.

Probabilmente inseguire il progresso tecnologico ci fa perdere un po’ di poesia.
pdb

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