Livio Romano – A pelo d’acqua

by Gianluigi Bodi
Livio Romano

Ho voglia di fare una cosa che non facevo più da anni. Partire dalla copertina. Sì perché dopo aver letto “A pelo d’acqua” di Livio Romano, edito da Les Flaneurs, mi sono reso conto che il disegno scelto per la copertina riusciva a trasmettere perfettamente quel senso di attaccamento alle radici misto alla paura di perdere tutto. Quell’uomo in piedi sul tetto di una casa circondata dalle acque è, per quel che mi riguarda, la prima chiave di lettura del romanzo.

E dunque Vasilio Navarra è il protagonista scelto da Livio Romano, il nostro protagonista. Un professore che si è preso un anno sabbatico per scrivere il suo nuovo romanzo. Un padre di famiglia che si trova, suo malgrado, a dover ospitare due figli adolescenti nella propria cascina. Un ex marito che vede l’ex moglie andarsene dalla Puglia per continuare a lavorare, anch’essa a scuola, a Bolzano. Un uomo che ha una pseudo storia d’amore con una madre di tre figlie che in qualche modo rappresentano varie sfumature dell’essere giovani negli anni in cui viviamo. Tutto quanto ho scritto fino a questo momento è plausibile, anzi, normale, consueto, quotidiano. Se però al quadro descritto inseriamo un anziano burbero dal passato poco chiaro, un uomo che si fa chiamare Generale, anche se in effetti è Colonnello; la di lui giovane moglie che inizia a flirtare pesantemente con il nostro eroe e poi, dulsis in fundo, una serie di personaggi molto poco trasparenti che balzano dalle retrovie (dove se n’erano rimasti appena abbozzati) e scombussolano la vita di Vasilio.

Gli ingredienti della trama ci sono tutti e anche se verrebbe la tentazione di pensare di aver letto un romanzo giallo, quello che si dice un romanzo di genere, alla fine della lettura ci si rende conto di aver avuto a che fare con un’opera che raccoglie un po’ da una parte e un po’ dall’altra, proprio lì dove ci sono le fonti di ispirazione e che Livio Romano riesce a mantenere in perfetto equilibrio fino alla fine. È dunque c’è, come trama portante, quella del mistero da risolvere. Mistero che parte appunto con l’entrata in scena del Colonnello, trama che si nutre delle avances che la moglie Gloria fa in direzione di Vasilio. Una linea narrativa che sarebbe, già così, molto interessante, ma che viene arricchita dall’esperienza quotidiana di Vasilio, dalla sua vita a contatto con i figli adolescenti che spesso fatica a comprendere e che hanno un linguaggio degli affetti tutto da decifrare; linea narrativa che si appoggia sul rapporto con l’ex moglie, sui sogni di gioventù che sono diventitati speranze infrante (chi non ne ha) e sulla sottile linea di confine che divide la maturità dalla fiamma della giovinezze che, anche se sopita, brucia ancora.

Cosa mi è piaciuto di Vasilio? Beh, credo che la cosa principale stia nel fatto che mi ha ricordato quel Rob Fleming che Nick Hornby ha saputo tratteggiare tanto bene in “Alta fedeltà”, ma non è tutto. Vasilio è un personaggio fragile che, a suo modo, cerca di imboccare la strada giusta. L’ho percepito solo e molto vicino al crollo. Eppure ha avuto la forza di tirare dritto. Un borghese che viene travolto da quesitioni più grandi di lui, un uomo su cui tutti sembrano avere un parere tranciante, in cui tutti vedono più i punti deboli che le virtù. In pratica Vasilio mi è sembrato una persona che viene letta dagli altri, ma mai compresa fino in fondo.

A pelo d’acqua” con i suoi finali multipli che mettono la pietra tombale su alcune delle linee narrative e che lasciano la speranza in quella che forse conta di più, è un romanzo in grado di destreggiarsi con ironia e sarcasmo nel vasto repertorio delle fragilità umane e quindi, di conseguenza, l’ho apprezzato dalla prima all’ultima pagina proprio perché sguazza nel territorio che sento tanto familiare e a me vicino.

Livio Romano (Nardò, 1968) è laureato in Giurisprudenza, dottore di ricerca in Italianistica, insegna in un CPIA. Considerato da molti critici, giornalisti e letterati una delle voci più originali della narrativa italiana di fine anni Novanta, ha pubblicato i romanzi Mistandivò (Einaudi, 2001), Porto di mare (Sironi, 2002), Niente da ridere (Marsilio, 2007), Il mare perché corre, Diario elementare e Per troppa luce (tutti per Fernandel, rispettivamente nel 2011, 2012 e 2016). Con Per troppa luce è stato finalista al Libro dell’anno 2017 di Fahrenheit Rai Radio 3. Oltre a svariati racconti per antologie, ha scritto per numerose testate e, per la Rai, radiodrammi e reportage. Collabora con la Repubblica, Quotidiano di Puglia e Corriere del Mezzogiorno.

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