C’è una sorta di fato che accompagna chi legge con passione. Il fato del lettore accanito governa le sue scelte, gli pone di fronte capolavori centenari e libri semi sconosciuti. Talvolta, questo fato è maligno, scherza con gli anni del lettore, gli impedisce di scoprire un grande libro per decenni, a volte, invece, il fato è benevolo e ti regala una piccola perla che, senza il suo intervento, rischierebbe di venir travolta dal vorticoso flusso dell’editoria.
Nel caso specifico, la piccola perla viene dalla casa editrice Nutrimenti e porta il nome di “La linea di fondo” ed è stata scritta da uno scrittore esordiente che, come si suol dire, non è più di primo pelo.
Claudio Grattacaso, salernitano del 62, insegnante, non è uno di quegli autori che devono il successo all’aria fresca e giovanile che li fa sembrare appena uscita da una soap opera. Grattacaso percorre la via della letteratura in modo puro, scrivendo un libro che racconta la vita di Josè Julian Pagliara, detto Freccia. Genio del calcio con una carriera stroncata da un intervento da macellaio. Eppure, la fragilità di José non è solo fisica. Si porta dietro un lutto di quando ancora sgambettava nei campi di periferia contro avversari dai soprannomi improbabili e che, in qualche modo, lo incatena a quegli istanti. Ha una moglie avvolta da una profonda depressione. Una figlia che è, di fatto, fuggita di casa e non ne vuole sapere nulla di lui. Un padre carabiniere bigotto che sembra non aver mai apprezzato le scelte del figlio e una madre rivoluzionaria che non riesce ad entrare nella vita del figlio.
Il fulcro della storia è Freccia, la sua carriera altalenante, i suoi demoni interiori, le sconfitte e le risalite, ma principalmente l’incomunicabilità. José non riesce a scalfire l’involucro che lo contiene e che lo tiene distaccato dal mondo che lo circonda. Sembra sempre non essere coinvolto in quello che fa, come se ciò che gli succede in realtà fosse vita di un’altra persona. I rapporti con i genitori, con la moglie e con la figlia sono deteriorati e l’unico elemento costante di queste interazioni è Freccia, eppure, nonostante questo, si ha l’impressione (e anche più di un’impressione) che José non riesca ad arrivare fino in fondo al problema: lui stesso. Misura la sua vita in termini calcistici, si definisce un campione, un genio del calcio, purtroppo per lui quel genio sarebbe potuto diventare un campione, ma non è successo. Il calcio che avrebbe potuto ricoprirlo di gloria diventa una prigione metaforica e non.
Il calcio in questo libro pare avere una duplice funzione. Da un lato serve da tela bianca su cui l’autore dipinge le vicissitudini della vita di José, dall’altro è un vero e proprio linguaggio universale. Il calcio, in effetti, è una lingua che accomuna generazioni e popoli diversi. E’ un terreno comune che Grattacaso sfrutta per far arrivare con più immediatezza i travagli interiori del campione mancato. Inoltre, come se non bastasse, c’è un forte contrasto tra l’infelicità di Freccia e quello che quasi tutti percepiscono essere un privilegio, il poter giocare a calcio per vivere. Il sogno del bambino che ognuno di noi si porta ancora dentro va ad infrangersi con la dura realtà che ne “La linea di fondo” prende la forma di rapporti interpersonali carenti, sensazione di fallimento, solitudine, mancanza di comprensione. In un certo senso, quello che la vita ci mette davanti quotidianamente anche se siamo operai, impiegati o liberi professionisti.
Il libro di Grattacaso merita di essere letto. Aldilà del racconto calcistico, che avvicinerà anche i lettori che negli anni 80 erano ragazzini e che potranno riassaporare il gusto di un calcio ormai morto e sepolto, la storia ruota attorno ai tentativi che José compie per portarsi fuori dalla nebbia che lo ha inghiottito. Non è un libro sul calcio, è un libro che utilizza il calcio per fornire delle coordinate, ma all’interno di quelle coordinate si consuma il dramma umano di una persona che non ha ancora trovato l’equilibrio.
Piccola coda finale. Il libro è stato menzionato dalla giuria del Premio Calvino per scrittori esordienti ed è uno dei papabili per finire nella cinquina del premio Strega. Significa che anche il calcio può diventare letteratura di prima classe se chi ne parla ha talento.