Passeggiando per la libreria potete trovare di tutto: dai fumetti più rari, all’intero scaffale dedicato ai racconti, dalle infinite edizioni e adattamenti di Moby Dick a una collezione di gorilla peluches (mascotte della libreria, conosciuto come Herman).
Sono cresciuto fra i libri, mio padre era un lettore forte, soprattutto di divulgazione storico-archeologica e di fumetti, ma non era un libraio. Più per caso che per altro, mia madre iniziò a lavorare in una libreria scolastica e venni assunto anche io. Era la libreria che poi, due anni dopo, è stata presa in gestione da mio padre, successivamente da me, che l’ho poi acquistata. Da quando ci ho messo piede la prima volta per lavorarci, sono passati venticinque anni esatti: non ne sono mai uscito.
Da piccolo cosa sognavi di diventare? Pensi che quello che fai oggi si avvicini in qualche modo a quello che sognavi allora?
Il primo desiderio, alle elementari, è stato quello di diventare dottore. Poi, grazie a Martin Mystère, archeologo o autore di fumetti. Ho accarezzato anche l’idea di diventare architetto, ho passato quasi sette anni in giurisprudenza. Ora- fra i tanti – vendo anche libri per medicina e giurisprudenza, di archeologia, fumetti (e li scrivo). In qualche modo, sono diventato ciò che desideravo e ho desiderato, ma in maniera diversa da come mi aspettassi: diciamo che – finora – ho avuto non tanto ciò che speravo, ma ciò di cui ho scoperto di avere bisogno.
Che tipo di libraio sei? Quando entra un cliente in libreria lo lasci curiosare tra gli scaffali o tenti di guidarlo con i tuoi consigli?
Discreto. Offro subito la mia disponibilità, ma se la persona mi fa capire che preferisce fare da sola, lascio immediatamente spazio. Se vengono richiesti la mia presenza o il mio consiglio, li offro senza esitazioni.
Ci racconti un aneddoto accaduto in libreria che ti ha reso orgoglioso di fare questo lavoro? E uno che ti ha lasciato l’amaro in bocca?
Mi ha reso orgoglioso sentirmi dire “Coi tuoi consigli mi hai cambiato la vita in meglio”. Probabilmente un’iperbole, probabilmente no, sta di fatto che a parte lo smarrimento e l’incredulità iniziale, mi ha fatto dimenticare qualche chilo delle tonnellate di sacrifici fatti.
L’amaro in bocca, invece, lo sento ogni volta che commetto un errore evitabile e ogni volta che non viene rispettato il mio lavoro.
Se potessi mettere le ruote alla tua libreria e spostarti in un’altra parte del mondo dove andresti e perché?
In parte, le ruote, già le metto ogni volta che curo il bookshop di qualche festival, ma se la plancia di movimento dev’essere il mondo, direi senza esitazione Tristan da Cunha o le Svalbard.
Cosa pensi che possano fare i librai, gli editori e i lettori per promuovere l’amore per i libri e la lettura?
Lèggere.
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