Altra tappa nel nostro viaggio attraverso le librerie indipendenti d’Italia. Oggi intervistiamo Davide Donatelli il titolare della Libreria Voland a Cisterna di Latina.
Come sei diventato un libraio? (o Perché hai deciso di aprire una libreria?)
Ho deciso di aprire una libreria perché leggere è stata sempre la mia passione e comunque in famiglia vengo da una tradizione di commercianti, anche se in altro settore. Sono laureato in sociologia ma non avevo ben presente cosa poter fare nel mondo del lavoro. Il fatto che i miei genitori fossero proprietari di un locale nel centro di Cisterna mi ha fatto venire in mente che potessi cogliere questa opportunità di farlo diventare una libreria
Da piccolo cosa sognavi di diventare? Pensi che quello che fai oggi si avvicini in qualche modo a quello che sognavi allora?
Non avevo particolari sogni da bambino. Fantasticavo forse sull’idea di intraprendere la carriera giornalistica. Quello che faccio ora ha però un’attinenza con le mie inclinazioni caratteriali, perché già bambino chiacchieravo tantissimo e riesco adesso a far confluire questo mio modo d’essere nei consigli molto argomentati che fornisco agli avventori della libreria.
In definitiva, questa è la professione più gratificante che possa fare adesso e non saprei né vorrei farne nessun’altra
Che tipo di libraio sei? Quando entra un cliente in libreria lo lasci curiosare tra gli scaffali o tenti di guidarlo con i tuoi consigli?
Io ritengo che il miglior modo per fare questo mestiere sia di stare in una posizione intermedia tra queste due opzioni. La mia formazione nelle scienze sociali e il percorso precedente di apprendista libraio (anche attraverso la lettura del bellissimo saggio di Montroni, “Vendere l’anima”) mi hanno molto aiutato. Credo appunto che si debba far sentire il (potenziale) cliente a proprio agio, cercando intanto di percepire se si tratta del tipo di persona che ama ricevere consigli oppure preferisce essere lasciato in pace. Questa prima informazione la si ha già appena il cliente varca al soglia della libreria (se non lo si conosce già). Tendenzialmente comunque dopo un paio di minuti dico a chi entra da Voland che se desidera il mio aiuto io ci sono. Posta in questo modo diventa solo un’informazione, palesare la propria disponibilità, con molta discrezione. E chi entra da me deve potersi sentire “comodo”, per questo batto molto sul punto che è quasi più importante salutare cordialmente chi esce senza acquistare nulla, perché quello che molti commercianti non comprendono è che il semplice fatto che una persona sia entrata nel nostro negozio è già una manifestazione di interesse per ciò che esponiamo. Io non torno volentieri in un’attività commerciale nella quale percepisco un clima di scortesia o dove ci si attende che io compri già solo perché sono andato a chiedere.
Ci racconti un aneddoto accaduto in libreria che ti ha reso orgoglioso di fare questo lavoro? E uno che ti ha lasciato l’amaro in bocca?
Citare aneddoti singoli sarebbe impossibile, sia per quelli di matrice positiva che per quelli spiacevoli. Relativamente a quelli della prima categoria, direi che sono molto felice di incontrare persone gradevoli, che apprezzano la presenza di Voland in città da quasi quattordici anni (!). Mi si riempie il cuore di gioia quando dai clienti (anche nuovissimi) ricevo i complimenti per la qualità della proposta (anche in termini di assortimento) unita ad un approccio cordiale e disponibile. E’ bene ogni tanto anche sapersi prendere i complimenti invece che schermirsi con della modestia a volte fuori luogo.
In merito agli aneddoti che mi hanno creato disappunto potrei riferirmi a tutti i frangenti nei quali mi si chiede (pretende, in certe situazioni) il famoso sconto. Discorso lunghissimo, che accenno soltanto. I libri hanno un prezzo stampato sul retro di copertina e quello è il prezzo che va pagato. Poi io, come molti colleghi, faccio una fidelity card che fa accumulare un credito in proporzione a quanto si acquista, ma sono scelte discrezionali. Come dico spesso a chi avanza determinate richieste, se qualcuno va a comprare della carne o altri generi alimentari, in negozi nei quali il conto è preciso al centesimo, per quale motivo non si pretende lo sconto (trattandosi di merce per la quale il prezzo lo fa il negoziante)?
Ah ecco, ora mi viene in mente una tipologia di aneddoto positivo che periodicamente si verifica…Alcuni genitori è capitato mi raccontassero che i loro figli a casa giocavano “a Voland”. Mi viene ancora da sorridere a ripensarci.
Se potessi mettere le ruote alla tua libreria e spostarti in un’altra parte del mondo dove andresti e perché?
Porterei Voland a Buenos Aires, una delle città al mondo col più alto indice di lettura.
O a Parigi, per lo stesso motivo (peraltro in Francia la legge impone che lo sconto non possa superare il 5%…), ma la poca dimestichezza mi frenerebbe. Medesimo ragionamento farei per realtà del nord Europa come Copenaghen.
Cosa pensi che possano fare i librai, gli editori e i lettori per promuovere l’amore per i libri e la lettura?
Nulla. Me ne importa davvero pochissimo delle iniziative, campagne, soluzioni che vorrebbero far aumentare il popolo dei lettori. Le uniche due istituzioni che hanno la possibilità di invertire la tendenza sono la scuola e la famiglia. Ma anche la scuola può poco se in famiglia non c’è l’abitudine di tenere in mano un libro. Poi ci sono delle eccezioni naturalmente. Insomma capita che da Voland vengano dei genitori che rimproverano i figli perché questi non leggono, non essendo loro stessi lettori (!?) perché “…eh..e chi c’ha tempo?”.
Di conseguenza si presume che chi ama leggere non abbia famiglia, occupazione, impegni.
Certo la scuola potrebbe fare qualcosina in più e soprattutto di meglio. Cominciando a non dare da leggere a ragazzini di 12 anni Mastro Don Gesualdo, o Il segreto di Luca di Ignazio Silone. Ci sono Stevenson, Conrad, Benni, Pennac, e poi stupende storie d’amore, di fantascienza, di avventura, poliziesche. Faccio un esempio particolare. Quel gigante di Richard Matheson e il suo (reso famoso anche dal film) “Io sono leggenda”. Una lettura affascinante e che può dare luogo a molti spunti di confronto in classe.
Per chiudere, sono convinto che leggere sia un passatempo e un’occupazione eminentemente individuale, per questo non amo i gruppi di lettura. Io stesso in due fasi differenti della mia vita o in due momenti distinti dello stesso giorno posso aver voglia di leggere cose diversissime tra loro.
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