Non tutti gli esordienti sono uguali. Per dieci esordienti che non vedono al di là del proprio naso, raccontano la storia del proprio ombelico e che affondano nei meccanismi triti e ritriti ce n’è uno che cerca di guardare oltre. Uno che per raccontare se stesso racconta un paese, racconta delle persone, racconta un modo di vivere.
Quello che spero abbiate già tra le mani è un libro particolare. L’autore lo ha definito un romanzo per quadri, la definizione che forse vi suonerà più familiare è “romanzo per racconti”. Il libro è composto quindi da una serie di racconti che hanno per protagonisti un nucleo di personaggi le cui traiettorie si intersecano tra loro. Il fulcro principale è composto da Davide, Valerio e Anela. Lo possiamo considerare un triangolo atipico in quando uno dei tre elementi brilla per la sua assenza. L’insieme dei racconti parla di un paese, Fabbrico, un paese che esiste e che fa da casa all’autore. Il primo racconto ci fa conoscere Davide e Anela, il loro rapporto travagliato e un amore che sembra scheggiato. L’ultimo racconto vede ancora Anela e Davide mentre il loro amore è in crescita. I racconti non sono temporalmente sequenziali. Veniamo trascinati in avanti di quattordici anni e sballottati indietro di venti. Questa costruzione aumenta l’impatto emotivo sul lettore. Il motivo è dato dal fatto che in alcuni punti noi lettori sappiamo più di quello che sanno i personaggi. I loro desideri di felicità ci sono noti e ci è noto anche dove tutto questo andrà a finire.
Questa è la parte relativa alla trama. Poi c’è tutto un discorso da fare sullo stile di Roberto Camurri. Confesso di aver letto “A misura d’uomo” anche con l’intenzione di capire in maniera più approfondita possibile la voce di questo esordiente. Camurri ha una voce ruvida, che graffia la superfice. La voce malinconica di un pianista da piano bar. Riesce a padroneggiare con cura i cambi di ritmo, le lunghe descrizioni vengono spostate via da frasi brevi e ficcanti. Poi, quando la frase sembra finita, ecco che arriva un aggettivo, un unico aggettivo perfetto. Come se l’autore ritornasse su quella frase e avesse l’urgenza di completarla, come se la comprensione perfetta della scena arrivasse all’improvviso e fosse totale.
Il ritmo complessivo del testo non ha cadute. Non ci sono “quadri” deboli. In parte questo è dovuto alla scelta della “scaletta”. I racconti probabilmente potrebbero essere disposti in maniera diversa, ma in questo caso il risultato non sarebbe stato lo stesso. Personalmente approvo la scelta di iniziare e finire con Anela e Davide, di lasciare che il resto si scatenasse al centro. Seguire quindi Valerio nella sua crescita, Mario e il rapporto con Davide, il partigiano Giuseppe e la Bice e tanti altri personaggi che non possiamo fare a meno di vedere davanti a noi.
E poi c’è l’amore. L’amore nei confronti dei personaggi. Quell’empatia che ti porta a non volerli più abbandonare, a tenerli vicini e considerarli amici. Questo forse è un discorso poco consono quando si parla di libri. Però a me piace sentire che l’autore ha amato tutti i suoi personaggi, mi piace sentire il rispetto nei loro confronti. Anche perché attraverso questo amore Camurri riesce a far riverberare in noi delle emozioni, emozioni che rendono ancora più coinvolgente l’impatto delle sue parole.
Quello che fa Camurri è descrivere il vuoto. Un vuoto che via via prende la forma di una mancanza di relazioni, di una mancanza di futuro, di cultura, di prospettive. Descrive quel vuoto e quell’angoscia tipica di chi vive in un piccolo paese che sembra avere dei confini invisibili. Un vuoto all’interno del quale, l’unico modo per non perdersi, è quello di aggrapparsi alle altre persone e tenere duro. Anche se a volte non basta.
Roberto Camurri è nato nel 1982, undici giorni dopo la finale dei Mondiali a Madrid. Vive a Parma ma è di Fabbrico, un paese triste e magnifico di cui è innamorato forse perché è riuscito a scappare. È sposato con Francesca e hanno una figlia. Lavora con i matti e crede ci sia un motivo, ma non vuole sapere quale. Scrive da pochi anni, anche se avrebbe voluto scrivere da sempre. A misura d’uomo è il suo primo romanzo.