Home Inchiostro - Recensioni di libri indipendenti e non. Il mio anno di riposo e oblio – Ottessa Moshfegh

Il mio anno di riposo e oblio – Ottessa Moshfegh

by Gianluigi Bodi
Ottessa Moshfegh

Ogni tanto è bello avere delle buone intuizioni. Non so a voi ma a me a volte capita di farmi ingannare da un libro. Lo prendo dallo scaffale, lo sfoglio, mi sembra che la scrittura tenga, mi pare che anche la trama possa essere interessante e poi quando inizio a leggerlo, alla prova dei fatti, il libro mi delude. A quel punto mi chiedo cosa mi fosse passato per la testa quando l’ho comprato, mi chiedo se il lettore che lo ha acquistato non sia più lo stesso di quello che si è messo a leggerlo e mi faccio tante altre domande, ma il risultato è comunque un libro che leggerò mal volentieri o che non riuscirò a finire.
Con “Il mio anno di riposo e oblio” di Ottessa Moshfegh tutto questo non è accaduto perché quando ho iniziato a leggerlo ho capito subito (mi sono bastate tre pagine) che il romanzo mi sarebbe piaciuto. Ho capito che mi sarebbe piaciuto molto. Anche se il libro è uscito nella prima edizione nell’anno 2019 io posso tranquillamente dire che per me si tratterà di certo di uno dei libro migliori letti nel 2024.
La storia è molto semplice quanto originale. A seguito della rottura di un rapporto sentimentale (a oner del vero si vedrà che non si trattava né di un rapporto stabile, né di un rapporto sano) la nostra protagonista decide di staccarsi completamente dal mondo per un anno intero. Il suo piano è quello di dormire il più a lungo possibile. La cosa è resa fattibile prima di tutto perché abita in un appartamento nell’upter East Side di Manhattan e poi perché grazie all’eredità dei suoi genitori defunti può permettersi di non lavorare per un po’.
In pratica vuole resettare se stessa a la propria vita e questa è una cosa che capisco benissimo. Chi di noi, ogni tanto, non avrebbe il desiderio di fare un reboot, di pulire la cache, di deframmentare il disco fisso e di tornare poi alla vita di tutti i giorni con rinnovato slancio.

Il romanzo dunque racconta, da una parte, i fatti che hanno portato a questa decisione. Il lavoro in una galleria d’arte, il tira a molla con l’uomo con cui aveva una relazione, ma dall’altro racconta i tentativi via via sempre più precisi di annullarsi nel sonno e il rapporto alquanto bizzarro con l’unica amica che la va a visitare. In tutto questo c’è la presenza della psichiatra che rifornisce la nostra protagonista di tutti i migliori ritrovati per dormire il più a lungo possibile. Una sequela di nomi e posologie che farebbero rabbrividire qualsiasi professionista della psiche, ma che qui vengono snocciolati con facilità e serenità, come fossero caramelle light.

Il romanzo è scandito dai passi di avvicinamento alla data dell’undici settembre duemilauno. Una data che è purtroppo ben nota a che per certi versi ha scandito un prima e un dopo. Il trascorre del tempo, che viene quasi trascinato come un gorgo da questa data, rende pensate e claustrofobia la tensione che possiamo sentir aumentare pagina dopo pagina.

Di questo romanzo ho apprezzato, come detto, l’originalità, ma anche la voce con cui Ottessa Moshfegh ha raccontata questa storia fatta di minimi movimenti rendendola affascinante a avvincente. Il tema dell’oblio autoimposto, dello scollamento dal mondo che va al triplo della nostra velocità è un tema forte. Leggendo il testo mi sono ricordato degli hikikomori, termine di origine giapponese che descrive quel fenomeno per il quale una persona decide di chiudersi in casa e interagire con il mondo solo attraverso la tecnologia per ridurre al minimo in contatti fisici con le altre persone. C’è, in questa volontà di scomparsa, la necessità di fuggire dalla pressione sociale, di non essere guardati e quindi giudicati, ma non sono convinto che alla base della decisione della protagonista ci sia la stessa necessità. Credo piuttosto che a lei interessasse saltare un paio di giri di giostra, star fuori dal vortice per un po’, per ricaricare le batterie e forse per individuare le vere priorità che, talvolta, presi dalla foga, stentiamo a mettere a fuoco.

La traduzione italiana è a opera di Gioia Guerzoni.

Ottessa Moshfegh è un’autrice statunitense. Nata a Boston, scrive romanzi e saggi. Ha pubblicato una novella, McGlue, che ha vinto il Fence Modern Prize e il Believer Book Award. Suoi racconti sono apparsi sulla “Paris Review”, sul “New Yorker” e su “Granta”. Con Eileen, il suo primo romanzo, ha vinto il PEN/Hemingway Award per l’opera prima ed è stata finalista del National Book Critics Circle Award e del Man Booker Prize. Nel 2019 pubblica con Feltrinelli Il mio anno di riposo e oblio. Nel 2020 esce, sempre per la stessa casa editrice, La morte in mano, nel 2021 Nostalgia di un altro mondo e nel 2023 Lapvona.

Commenti a questo post

Articoli simili

Leave a Comment