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Il confine del paradiso – Esmé Weijun Wang

by Gianluigi Bodi
Esmé Weijung Wang

Iniziare da una cosa sciocca.

Presumo che tutti voi sappiate chi era J.D.Salinger e quindi, se permettete, evito di raccontare qui le gesta dello scrittore statuniteste ormai defunto e mi limiterò a dire che Salinger è uno di quei pochi scrittori che mi tormenta sia che lo affronti da lettore, sia che lo affronti da scrittore. Salinger nel 1953 ha pubblicato una delle sue poche opere, quella che va sotto il titolo di “Nove storie”. Una di queste “Nove storie”, pubblicata in precedenza nel 1950 si intitolava “Per Esmé con amore e squallore” ed è uno dei racconti che preferisco, con un titolo che accogli e non lasci più andare. Quando ho visto che il nome di questa autrice era, appunto, Esmé, non ho potuto fare a meno di leggere questo libro e, dirò di più, leggerlo con un occhio critico, come se il lavoro di questa autrice fosse supervisionato dal vecchio Salinger. Visto? Ve lo avevo detto che iniziavo con una cosa sciocca.

Un po’ di trama.

Veniamo a questo libro, veniamo a questa Esmé. Esmé Weijun Wang è dunque l’autrice de “Il confine del paradiso“. Un libro che ha, tra i tanti pregi, quello di essere facilmente riassumibili a chi voglia un accenno di trama. “Il confine del paradiso” racconta la storia di David, della moglie Daisy, di Marianne e del fratello, ma anche dei genitori di David e di quello che David pensava di trovare a Taiwan. Racconta di un giovane David in preda alle nevrosi, salvato temporaneamente da Marianne, ma racconta anche di un David adulto senza più rete di salvataggio. E in tutto questo, purtroppo per quelli che cercano scorciatoie facili, “Il confine del paradiso” è uno di quei libri che non si può riassumere con precisione: va letto e apprezzato.

Conclusioni.

Ho apprezzato, credo sia stata la prima cosa che ho notato anche solo sfogliando il libro, che Esmé Weijun Wang abbia deciso di affrontare la storia a blocchi. Possiamo chiamarli anche macrocapitoli. Capitoli in cui la voce narrante si dipana attraverso racconti e ricordi e rafforza tutta la sua unicità. Ogni io narrante di questo libro risalta per la propria diversità, ma risalta anche per la propria umanità, la fragilità e quella sensazione che lascia di essere una persona tristemente incompleta. I capitoli dedicati a Daisy, il cui vero nome, essendo nata a Taiwan, è Jin-hui, vengono presentati in traduzione, rendendo, a mio parere, ancora più forte il constrasto tra il mondo in cui viveva e il mondo in cui ha deciso di andare a vivere.

Questo libro è un romanzo d’esordio. Eppure mi pare di poter dire che l’abilità con la quale Esmé Weijun Wang ha raccontato le storie di queste persone alla deriva non ha nulla a che vedere con gli errori che spesso vengono commessi dagli esordienti. “Il confine del paradiso” è scritto da una persona di talento, una persona che ha messo su carta, messo in scena, le proprie debolezze in una maniera che non può non farci provare empatia per i personaggi. Ad una prima lettura viene da pensare che sia David il personaggio più tormentato e doloroso eppure, a poco a poco ci si rende conto che ognuno dei personaggi ha alle spalle un destino tragico, un destino che li ha portati in un luogo (non necessariamente fisico) che vorrebbero abbandonare e, purtroppo, qualcuno lo fa.

E poi c’è quello che potrebbe essere considerato il tema centrale del libro, un tema che la scrittrice affronta e declina in maniera diversa. Il tema dell’immigrazione e, più nello specifico, di cosa significhi essere straniero, diverso, in una terra che non è la propria. Nel caso di Jin-Hui il trauma è evidente. Viene da Taiwan, è fisicamente diversa dal cittadino americano medio (qualsiasi cosa questo significhi) e il primo atto americano di David è quello di comprarle dei vestiti americani, renderla americana il più possibile, costruire un’impalcatura, creare un ritratto fittizio per rendere accettabile l’esotico. Non timore, ma curiosità. Lo stesso David, di origine polacca, assorbe dalla famiglia lo scontro culturale attraverso i ricordi dei genitori e dei nonni. La sua famiglia si circonda di immigrati polacchi, quasi a voler creare un cuscinetto tra loro e il popolo americano. Questo potrebbe essere, come dicevo, considerato il tema principale de “Il confine del paradiso”, ma sono convinto che limitarci ad una lettura di questo tipo sarebbe limitante e ci impedirebbe di godere appieno di questo libro.

Per quel che mi riguarda il personaggio che ho preferito tra tutti è quello di Marianne. Marianne che viene vista da David come un angelo salvatore. Marianne credente convinta che poi abbandona la strada per affrontare un percorso che sembra essere quello di una crescita repentina. Lei che viene mossa come una pedina e che forse si fa muovere, lei che, come dice il fratello ad un certo punto a David, non è totalmente proprietaria della vita che fa. Un personaggio complesso e delicato, un personaggio che dà luce e fa sprofondare nell’oscurità.

L’ottima traduzione è stata affidata a Thais Siciliano.


Esmé Weijun Wang è la scrittrice di quesot bellissimo romanzo.

Esmé Weijun Wang è una scrittrice e saggista statunitense. Nata in Michigan da genitori taiwanesi e cresciuta nella San Francisco Bay Area, è considerata dalla rivista letteraria «Granta» tra i migliori giovani autori degli ultimi dieci anni. Il confine del paradiso, il suo romanzo d’esordio, è stato nominato tra i migliori libri del 2016 secondo la «NPR» (National Public Radio) e «Electric Literature».

www.esmewang.com

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