Quando si parla di letteratura di viaggio si tende a pensare a testi nati con l’idea di magnificare luoghi e paesaggi lontani da noi, posti che magari non vedremo mai e che, nonostante questo, ci attireranno a loro per tutta la nostra vita. La letteratura di viaggio viene quindi relegata a un sotto genere della letteratura in cui non ci si aspetta, a torno o a ragione, di trovare un “significato”, ma delle descrizioni di impatto che hanno lo scopo di farci ingolosire.
“La frontiera spaesata” di Giuseppe A. Samonà non rientra in questa concezione del genere letteratura di viaggio, a dirla tutta, nemmeno gli altri libri della collana “Scritti Traversi” si collocano pedissequamente in questo genere, tendono a esondare.
Il viaggio parte da Trieste, la nostra porta d’entrata, una città che è stata terra di mezzo, che storicamente una mescolanza di popoli e geograficamente è un punto di arrivo e di partenza; ci inoltriamo poi verso il cuore dei Balcani sfilando le coste dell’Istria, penetrando le terre dalle Slovenia e dei Balcani, ma…
… ne “La frontiera spaesata”, Giuseppe A. Samonà non parla solo di luoghi, parla della loro storia, della loro cultura, delle persone, di ciò che fanno e ciò che rappresentano e tutto ciò, alla fine, contribuisce a dare un’immagine tridimensionale delle terre che l’autore visita. Ancora più importante, a mio parere, è il fatto che Giuseppe A. Samonà non si erge sopra a ciò che racconta, non ha una semplice vista dall’alto con l’intento di sovrastare e governare tutto, ma si mescola con la materia di cui parla, quasi facendosi trascinare dalle correnti che pur domina benissimo.
Non c’è un unico argomento, un unico filone seguito dall’autore. L’approccio è a trecentosessanta gradi. C’è molta letteratura, c’è la cultura, ci sono gli odori e gli intermezzi dati dalle foto potenziano certi momenti facendoli rimane nella memoria. E poi c’è il “tu” con il quale l’autore, in maniera del tutto confidenziale, si rivolge a noi, si rivolge a me, portandomi per mano tra le vie e i mercati.
Il risultato che ne consegue è che, dalla lettura de “La frontiera spaesata” si ha l’impressione che visitare i Balcani non sia sufficiente, che sia necessario viverli per comprendere appieno la loro complessità storica e culturale. Quella nebulosa fluidità che in passato ha portato a risvolti politici dalla portata devastante e che in questi momenti di pace di risolve in un panorama culturale e sociale cangiante, quasi caleidoscopio. L’inafferrabilità della frontiera, come spiega bene il titolo di questo libro, diventa simbolo dell’essenza di questa regione tumultuosa, sempre in movimento come la lava che scorre nelle profondità della terra.
Giuseppe A. Samonà è nato fra Palermo e Roma, dove ha conseguito un Dottorato in Storia delle religioni antiche all’Università «La Sapienza». Lasciata l’Italia nei primi anni Ottanta, ha vissuto e insegnato a Parigi, New York e Montréal (École Pratique des Hautes Études; State University of New York at Stony Brook; Université du Québec à Montréal).
Ha pubblicato studi sul Vicino Oriente antico e sull’America indiana al tempo della Conquista (alcuni titoli: Gli itinerari sacri dell’aedo: Ricerca storico-religiosa sui cantori omerici, Bulzoni 1984; Il sole, la terra, il serpente: Antichi miti di morte, interpretazioni moderne e problemi di comparazione storico-religiosa, Bulzoni 1991; L’insaisissable religion des Taïnos: Esquisse d’anthropologie historique, «Journal de la Société des Américanistes» 2003…).
È stato cofondatore della rivista franco-italiana Altritaliani, ed è codirettore della rivista transculturale franco-canadese ViceVersa. Attualmente vive a Parigi, dove scrive, traduce, insegna… Non ha mai vissuto a Buenos Aires, né a Montevideo – ma sogna un giorno di poterlo fare.
Quelle cose scomparse, parole (Ilisso 2004; con una versione ampliata in e-book, nel 2013) è la sua prima opera di narrativa. Fa parte delle antologie di narratori La terra della prosa (L’Orma 2014) e Con gli occhi aperti (Exòrma 2016) a cura di Andrea Cortellessa, e dell’antologia di critica 12 apostati (Damiani 2015) a cura di Filippo La Porta. I fannulloni nella valle fertile, di Albert Cossery (Einaudi 2016, con un saggio introduttivo), è la sua ultima traduzione dal francese.