Giorgio Manacorda – Terrarium

by Gianluigi Bodi

Ve lo direbbe anche Forrest Gump, se leggi Giorgio Manacorda non sai mai quello che ti capita. Di Manacorda, nel 2014 ho letto “Il cargo Giapponese” e mi sono trovato davanti ad un romanzo giallo/poetico in cui la risoluzione del mistero era la cosa meno importante dello svolgimento.
“Terrarium” è completamente e terribilmente diverso. “Terrarium” è angoscia allo stato solido. E’ il vostro peggior incubo. E’ la fine del mondo nel modo meno inflazionato dai film catastrofici che passano nelle sere d’estate.
Reputo Giorgio Manacorda un’artista a trecentosessanta gradi, per dire, le copertine dei suoi romanzi Voland le ha create lui. Sono suoi dipinti, opere presenti nella sua collezione privata. Inoltre, la sua frequentazione nelle vaste aree della poesia lascia sempre traccia in quanto di narrativo scriva. E devo essere onesto, mi ha sorpreso e spiazzato arrivare a leggere “Terrarium” dopo il romanzo precedente. Ti fai delle aspettative quando hai già letto qualcosa di un autore. Giorgio Manacorda le ha spezzate quelle aspettative.
“Terrarium” racconta uno scenario in cui la razza umana è sull’orlo dell’estinzione. Orde di rettili mutanti si sono lasciati alle spalle l’oceano e hanno preso stabile possesso della terra. Le città sono diventate lande desolate in cui uomini e donne, per difendersi, devono essere abili ad usare delle alabarde elettrificate in grado di fulminare i mostri striscianti. I colori sono stati stravolti, il cielo è giallo, l’acqua è nerastra e melmosa. Sopravvivere pare essere diventata una casualità e non un’abilità.
Il nostro protagonista vive a cavallo tra la casa in cui ha dimora e il teatro, lascito del padre. In questo teatro un gruppo di attori disperati e scarsi, stanno cercando di mettere in scena la tragedia dell’Edipo. Il protagonista, autorecluso in una stanza da cui può vedere e non essere visto, spia le dinamiche di questo gruppo di attoruncoli fino al silenzio finale. In tutto questo il nostro protagonista ci racconta la sua vita attraverso una sorta di relazione epistolare univoca con la madre morta. E’ un rapporto morboso e apparentemente malato quello che ha il protagonista con la madre. Una donna gelida e anaffettiva (così almeno sembra dipingerla lui), una donna che voleva il possesso, più che la creazione, del figlio.  Ed è strano pensare come anche ad un passo dall’estinzione, con tutto quello che sta succendendo fuori dalle mura della sua casa e del teatro, un essere umano sia costretto a ritornare al rapporto contrastato con la madre. Il corpo che lo ha fatto nascere è anche il corpo che lo ha fatto morire.

E’ palpabile l’angoscia che si respira in “Terrarium”, gialla e densa come il cielo che ricopre ogni cosa. Giorgio Manacorda ha scritto un libro che, pur se breve, trasmette la sensazione dell’ineluttabile fine. Una fine che viene recapitata a sorpresa da chi non ti aspetteresti e che, allo stesso modo, è il risultato ultimo di scelte scellerate compiute dalla razza umana.
Confesso che leggere “Terrarium” non è stato facile. Lo scritto di Giorgio Manacorda è densissimo, pieno di linee che si sovrappongono, un piccolo solido romanzo in cui vari livelli di tragedia si mescolano tra loro dando vita ad un libro il cui scopo ultimo è quello di lasciare il lettore perso nei propri pensieri.

Il cargo Giapponese trovate la recensione uscita nel 2014 per “Il cargo Giapponese”.

L’universo Voland è talmente ampio che troverete sicuramente qualcosa di vostro gradimento. Sia che siate attratti dalla letteratura italiana, sia che siate amanti delle letterature dell’est europeo. Senza contare che Voland pubblica Amelie Nothomb.

Giorgio Manacorda è nato a Roma nel 1941. Ha insegnato letteratura tedesca all’Università della Calabria e all’Università della Tuscia. Ha scritto vari saggi su autori di lingua tedesca (da Goethe a Heiner Müller passando per Hofmannsthal, Roth, Kafka, Bachmann e altri) e si è occupato di poesia italiana contemporanea. Il suo libro più recente è Scrivo per te, mia amata e altre poesie (1974-2007), Scheiwiller 2009. Il corridoio di legno è il suo primo romanzo.

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13 comments

Un baule pieno di gente 27 Aprile 2015 - 13:02

Ho letto la recensione “a pezzi” per evitare di farmi influenzare troppo visto che lo sto leggendo anch’io… Non avendo mai letto nulla di suo non ho particolari aspettative, però già dalla quarta di copertina si capisce che si tratta di qualcosa di forte. Non sapevo che le copertine le realizzasse lui, fantastico!

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senzaudio 27 Aprile 2015 - 13:04

Buongiorno,
il libro è in effetti una lettura particolarmente interessante. Giorgio Manacorda è un artista poliedrico e crediamo ami lasciare il suo segno anche sulle copertine. Questa in particolare è molto azzeccata, sia per tematica che per atmosfere.
A presto.

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