La notizia che ha catapultato al grande pubblico la polemica sul bitcoin è stato il fallimento della società americana MtGox che operava su questo sistema di valuta. Da qui sono partiti strali di articoli che, come ogni notizia di una certa complessità, invece di chiarire l’argomento avevano l’intento di difendere o demolire tutto l’apparato della moneta elettronica.
Dei vari blateranti scritti proposti su vari giornali, solo pochi hanno cercato di spiegare cosa è veramente successo (uno tra tutti che vi consiglio è: Bitcoin, protocollo dai risvolti molto materiali di Giacomo Zuco sul Fatto Quotidiano).
Ho quindi pensato di iniziare questo articolo con la mini rubrica del: Voi lo sapevate che…
1) Il bitcoin ed il Bitcoin sono due cose differenti, il Bitcoin con la maiuscola è un protocollo per la gestione di titoli di proprietà on line; il bitcoin con la minuscola è una criptomoneta (fastidioso nome dato dai media) che usa questo sistema per le operazioni di compravendita.
2) Il bitcoin è una delle oltre 30 monete virtuali che esistono in rete.
3) Le unità monetarie del bitcoin sono stabilite dall’inizio della sua emissione, il quantitativo di bitcoin in rete è quindi fisso (e conosciuto da tutti gli utenti) per ogni anno e non si può emettere o togliere “moneta” a piacimento come succede per le altre valute normali.
4) Non esiste un unico gestore della moneta (come possono essere le banche nazionali per le valute tradizionali) ma tutti i computer che sono in possesso dei codici di decriptazione possono gestire una parte dei bitcoin in rete: in questo modo non si crea un monopolio.
5) Esistono delle società che si occupano di “mining” cioè l’attività di decifrare i codici per i protocolli Bitcoin, in modo da diventare gestori e scambiare moneta virtuale con quella reale.
6) Chi gestisce e usa il Bitcoin resta anonimo, ma tutti i server che gestiscono il sistema sono in possesso dei protocolli che permettono tracciare tutti gli scambi in modo da verificare sempre che un bitcoin non sia speso due volte.
Questi 6 punti danno le basi per spiegare cosa è successo: l’azienda fallita era una delle diverse società che si occupano di cambiare le monete virtuali con valuta reale, nonché di gestire i patrimoni investiti in bitcoin (in pratica dei cambiavalute 2.0). Il problema è che non si può ragionare con le regole del vecchio mercato ed applicarle ad un sistema nuovo che non segue nessuna di queste regole; il creatore del Bitcoin (o i creatori, e ovviamente non si conoscono) ha voluto sviluppare un sistema valutario staccato da grandi soggetti che potessero controllarlo: per questo l’idea di affidare i codici criptografici a diversi server (e a chiunque possa fare del mining per estrapolarli) in modo da decentrare il potere sui bitcoin. Questo, almeno, all’inizio: poi però, con l’ingresso di grandi compagnie e di investitori che volevano profitti da questo sistema, le cose sono cambiate, i capitali si sono concentrati ed è iniziata la speculazione sistematica sulla moneta virtuale.
Il bitcoin non è però un sistema monetario aperto che può essere inflazionato o deflazionato con immissione di liquidi o rivalutazioni: in un anno, infatti, si sono viste fluttuazioni del valore della moneta da 4 a 600 dollari; in questo contesto, bastano piccole fluttuazioni di parte del capitale per creare il panico tra gli investitori che, per proteggersi, vendono bitcoin prima di avere delle perdite. Le società che operano in questo campo quindi sono molto fragili dal punto di vista economico, ma bisogna tenere in considerazione che certi codici sono stati hackerati, e quindi il sistema non poteva garantire la sicurezza di parte del capitale: ecco così servito il disastro, come dimostrato dal fallimento di MtGox e dalle difficoltà di altri operatori.
Il bitcoin rimane quindi dove sta e il protocollo Bitcoin continua ad essere usato, le critiche su questa moneta continuano, come il fatto che l’anonimato permette alla malavita di usare questo sistema per pagamenti non rintracciabili, ma anche i sostenitori di questo sistema che cerca di estromettere i grani capitalisti resistono.
Il fatto è che questa nuova realtà esiste e si è radicata nella società moderna è non verrà spazzata via tanto facilmente, come sperano tanti banchieri, tanto che paesi come Canada, Francia e Russia si stanno attrezzando per fornire strumenti legislativi che possano intervenire sulle valute virtuali