Home Inchiostro - Recensioni di libri indipendenti e non. Kevin Magnussen: la storia continua

Kevin Magnussen: la storia continua

by senzaudio

Quando un figlio intraprende la stessa attività del padre le critiche sono uguali, si ripetono nel tempo. O sei un raccomandato, o sei un predestinato. Questione di geni che si trasmettono, affari di potere che viene tramandato. O entrambe, perché si può essere dei fenomeni, ma si ha bisogno di una di quelle segnalazioni pesanti, quelle che contano. Nella Formula 1 moderna non parliamone: ci sono piloti che entrano in un mondo sognato, agognato da molti, solo perché alle loro spalle hanno dei Paperoni pronti a finanziare la scuderia che offre un volante al loro protetto.

Deve essere però l’aria che si respira a fare la differenza. Kevin Magnussen è nato e cresciuto nei box di una scuderia seguendo suo papà. Jan è un pilota danese, ha un talento eccezionale: veloce, coraggioso, pazzo. Arriva in Formula 1 nel 1995 per sostituire Mika Hakkinen, il boss della McLaren, il leggendario Ron Denis, lo aveva scoperto anni prima facendolo entrare nel progetto per i giovani piloti ideato dalla scuderia inglese. Nelle categorie minori veniva considerato un fenomeno, un talento puro degno di Senna. Pesante come paragone, ma Jan non se ne cura molto: tira giù il pedale e va veloce. Ha un problema però e pure grande: il mondo della Formula 1 è scintillante, pronto a tentare chiunque con fama, soldi, onore, donne, ma un pilota deve essere soprattutto un atleta professionista. magnussencarmonza595Jan è indisciplinato, propenso a distrarsi, proprio quello che non si può fare quando il tuo capo si chiama Denis, uomo famoso per la sua severa meticolosità. Ha fretta Jan, non accetta a 22 anni (quando debutta in Formula 1) di fare il pilota di riserva, così passa alla Stewart, dove si trova come compagno quel Rubens Barrichello destinato a trovare poi fortuna in Ferrari.  La Stewart è’ una macchina veloce, ma l’affidabilità non è il suo forte: numerose rotture meccaniche frenano Magnussen, qualche lampo c’è (in Austria e Lussemburgo gira coi primi ma è sempre costretto al ritiro), ma la stagione è sfortunata. Non va meglio nel 1998, anzi: conquista un punto, uno solo, in Canada, prima di essere licenziato. La sua carriera di Formula 1 finisce così: a 25 anni, un talento formidabile buttato, gettato via. Uno spreco.

La storia, però, si diverte a stupire. A seguire sempre papà c’è il figlio Kevin. E’ piccolo – è nato nel 1992 – e quando sei in tenera età sei sempre affascinato dal mestiere di tuo padre, a maggior ragione se fa il pilota di Formula 1, frequenta un mondo che molti sognano di vivere anche per un giorno. jankevin1997E lì che il piccolo Kevin decide cosa farà da grande: il lavoro di suo papà, il pilota di auto. Classico di ogni bambino immaginarsi in un futuro come un eroe che affronta i pericoli: c’è chi voleva fare il pompiere, il poliziotto, l’astronauta, ma Kevin può davvero provarci: ha i mezzi, ma soprattutto il talento. Inizia coi kart e scopre di essere bravo. Il talento si è trasmesso: Magnussen è veloce, coraggioso, ma la strada è ancora lunga. La trafila è quella di qualsiasi pilota: le categorie minori, la Formula 3, dalla Danimarca all’Inghilterra passando per la Germania, la Formula Renault. Vince e impressiona, si fa notare dagli esperti e, ovviamente, non sfugge alla McLaren: nel 2010, a 18 anni, entra a far parte del progetto giovani. Lo accoglie l’allora numero 1 Martin Whitmarsh: “Kevin è un driver impressionate. Lui capisce, credo, come suo padre non abbia realizzato tutto il suo potenziale. Jan mi piaceva e e ho sentito che avremmo dovuto fare qualcosa con suo figlio”. Ecco, è raccomandato. Essere figlio di Jan aiuta, ma Kevin dimostra di avere sin da subito qualcosa in più: “Sembra avere un carattere d’acciaio, è maggiormente concentrato rispetto a Jan”. Insomma, è bravo, più del padre che dice: del figlio “Io ho avuto un sacco di successo, forse mi è capitato tutto facilmente, non ho combattuto come avrei dovuto, ma lui combatte ogni giorno. E’ super motivato e credo abbia maggiori possibilità di successo rispetto a me, ha una visione molto più professionale, è migliore di me a quell’età: ha retto bene la pressione di essere il figlio di un pilota”.

E’ il 2010, le speranze sono quelle: arrivare in Formula 1, guidare la McLaren. Kevin è come il padre, ma è la versione aggiornata: il talento è uguale, ma la testa è quella di un professionista. Lotta per il successo, suda, si impegna. Le vittorie nelle serie minori continuano, prova le vetture di F1, Ron Denis lo monitora e, piano piano, si fa conquistare: arriva la chiamata, quella attesa da una vita. Kevin nel 2014 sarà il pilota ufficiale della McLaren, a suo fianco l’esperto Button. I test invernali vanno benissimo, l’auto è veloce, lui si è subito calato nella nuova situazione. Arriva il debutto in Australia, terzo posto che impressiona tutti (diventato secondo per la squalifica di Ricciardo). Denis, l’uomo che ha scoperto e lanciato Hamilton, ci ha visto ancora giusto: Kevin Magnussen è un pilota veloce, tanto che il boss della McLaren è sicuro di avere tra le mani uno dei prossimi campioni del mondo. Quello che si augura Jan che intanto si coccola il figlio che lo ha ormai superato: “È andato subito forte, ma quello che è stato più impressionante è stato vedere come è cresciuto, come ha continuato a migliorare e a cercare modi per farlo. Negli ultimi anni è stato incredibilmente veloce, ma il cambiamento più grande c’è stato in come usa la testa. È pazzesco, è fantastico”.

Commenti a questo post

Articoli simili

Leave a Comment