Può sembrare difficile raccontare qualcosa di nuovo su un autore di cui hai letto praticamente tutto ciò che è stato pubblicato in Italia. Diventa difficile soprattutto se i libri di narrativa pubblicati da questo autore ruotano tutti attorno ad un paese inventato che diventa il fulcro di una comunità e quasi il pretesto per parlare delle vita di alcune persone. In un certo senso è per questo motivo che non mi dedico molto spesso a trilogie e libri in serie. Perché ad un certo punto sento di non avere nulla di nuovo da dire.
Questo non mi è mai capitato con Wendell Berry e con la sua Port William. Non mi è capitato per tutti i titoli pubblicati da Lindau nel corso degli ultimi anni e non mi è capitato nemmeno per l’ultimo lavoro in ordine cronologico ambientato a Port William. “I primi viaggi di Andy Catlett” è Wendell Berry fin nella sua essenza più intima, ma allo stesso tempo si discosta dagli altri libri al punto da farlo sembrare qualcosa di diverso e dal tono più fresco.
Un po’ di trama.
Andy Catlett non vive a Port William, vive ad Hargrave con i fratelli e i genitori. Ad un certo punto però i sui lo spediscono a trovare i nonni che abitano a Port William. Qualsiasi sia il motivo di questo allontanamento, Andy è costretto a prendere un autobus tutto solo e trasferirsi per un breve periodo dai nonni. Qui le esperienze quotidiane che vivrà lo segneranno e lo faranno diventare un po’ più uomo.
Commento.
Il potere della letteratura ha qualcosa di magico. Mentre Andy, il nonno e Dick percorrono le strade di Port William sembra di essere lì con loro. Per noi amanti di Berry il lento viaggio sul carro è un nuovo incontro. Come ritornare nello stesso luogo di villeggiatura che frequentavamo da piccoli con i nostri genitori. Le case, le strade che si inerpicano tra le colline e sono un susseguirsi di salite e discese ci sono talmente familiari da farci sorridere con un misto di gioia e nostalgia.
Ed è Andy il valore aggiunto di questo libro. Anche se è la versione anziana di Andy a raccontarci questa storia, la sua voce rimane quella di un ragazzino. Un ragazzino pronto ad esplorare con coraggio un mondo enorme e complesso. A partire dallo spettro della guerra che a Port William ha portato lutti come in ogni parte del paese (non è vero Hannah?), ma anche il problema dell’integrazione razziale. In un passaggio iniziale, Andy parla di Dick, un uomo di colore che aiuta il nonno. Ne parla non in termini di nero o bianco, ma in termini di amore. Andy a Dick vuole bene e Dick vuole bene ad Andy. Questo basta.
Attraverso l’interazione con i coetanei e con i personaggi più anziani, colonne portati di Port William, Andy inizia un processo di crescita emotiva e morale. Qualcosa che lo porterà, qualche anno dopo, a questa conclusione:
“E oggi, come altre volte prima, mi rendo conto della gratitudine che provo per essere stato là, in quel momento, con le persone che ricordo. Ero là con loro, e loro rimangono qui con me. Perché in quel breve istante Port William è penetrata in me, facendosi tutt’uno con la sostanza e luce, e il buio, della mia mente, per non allontanarsi più dai miei pensieri, dovunque andassi e qualunque cosa facessi.”
Ecco, signori e signore, questo significa essere stati a Port William, questo significa essere stati bambini.
Leggere i romanzi del ciclo Port William, se cosi vogliamo definirlo, è come fissare l’arcobaleno e scoprirci, sempre più sorpresi, ad osservare tutte le sue sfumature. Una più bella dell’altra, tutte in armonia l’una con l’altra. Ancora una volta la scrittura di Wendell Berry rasserena a mostra con una purezza e una genuinità difficile da trovare altrove cosa significa far parte di una comunità e quali siano i valori si cui si fonda la dignità umana e la felicità.
È sempre difficile lasciare Port William.
La traduzione è, anche questa volta, di Vincenzo Perna. Il lavoro che Perna ha fatto su Berry è strepitoso.