Titolo | La casa delle madri |
Autore | Daniele Petruccioli |
Casa Editrice | TerraRossa Edizioni (2020) |
Quando ho iniziato a scrivere su questo sito nell’aprile del 2013 non conoscevo di persona nessuno scrittore e avevo l’opinione che gli scrittori, questa categoria che tanto idolatravo, fossero solo quelli ospitati dai pochi programmi che parlano di libri o quelli che finivano in prima pagina su qualche rivista. Dedicarmi all’editoria cosiddetta indipendente mi ha aperto gli occhi, mi ha fatto conoscere persone che sono interessanti al di là del fatto che scrivano o meno. Ma non si tratta solo di scrittori.
Ho iniziato a seguire Giovanni Turi prima che fondasse TerraRossa Edizioni e quando l’ha fatto mi è sembrato che la sua scelta fosse un’ovvia materializzazione della sua bravura. I libri che escono per la sua casa editrice sono libri che non ti lasciano mai indifferente e questo è un pregio. Non dico che ciò che viene pubblicato da TerraRossa vi debba necessariamente piacere in blocco, dico solo che non sono libri nati per riempire gli scaffali e prendere polvere, sono libri, tutti, che hanno carattere e che chiariscono l’idea di letteratura che ha Giovanni.
E veniamo a noi. Ho sentito Petruccioli al telefono anni fa. Ospitavo una rubrica sulla traduzione che, come quasi tutte le rubriche qui dentro è nata e morta prima che potessi rendermene conto. Peccato. Ci siamo sentiti perché voleva proporre una sua risposta a un tema molto scottante, il compenso dei traduttori. Daniele è un traduttore. Si è preso la briga di chiamarmi per spiegarmi il suo punto di vista, di spiegarlo a me che gestisco un piccolo blog di letteratura come mille altri. Questo lo dico non solo per farvi capire che tipo di persona è Daniele Petruccioli, ma anche per farvi capire il grado di dedizione alla scrittura che troverete nel suo libro “La casa delle madri“.
Quando ho saputo che Petruccioli stava per pubblicare un libro mi sono chiesto immediatamente cosa mi sarei dovuto aspettare. Apprezzo molto il lavoro che fa come traduttore e ho immaginato che parte di quel lavoro fosse finito all’interno del suo libro. E non mi sto riferendo alle influenze degli autori con cui ha lavorato a stretto contatto, ma a ciò che lavorare con la ricerca delle parole può produrre sulla propria scrittura.
“La casa delle madri” è un libro affascinante, nel senso che a poco a poco veniamo ammaliati del fascino dei personaggi, dal fascino della casa; veniamo conquistati pagina dopo pagine grazie a un ritmo che pare costante e avvolgente.
I movimenti centrifughi e centopiedi che coinvolgono i personaggi del libro, Ernesto e Elia, Sarabanda e Speedy, Ilide, perfino il gatto Amando sono resi con una delicatezza e un’esattezza che denotano una precisione linguistica ammirevole. Ed è questo, a gusto assolutamente personale, il fulcro che dà valore a “La casa delle madri”: la lingua.
Una lingua precisa e densa, come forse eravamo abituati a vedere qualche decennio fa. Non c’è, in tutto i libro, una frase che abbia trovato fuori posto o fuori contesto, che non assecondasse la voce dello scrittore; non ho trovato una parola che mi sembrasse buttata lì per impressionare o magari appoggiata là per pigrizia. La sensazione che ho avuto all’inizio e che è accresciuta passo dopo passo è stata quella di trovarmi dentro a una storia perfettamente coerente in cui l’autore ha controllato fin nei minimi particolari la proiezione di ciò che aveva nella testa.
E poi, c’è quella sensazione di leggere una storia senza tempo, una storia che vive al di fuori del tempo, che può essere rappresentativa del nostro acciaccato presente, ma pure del mio passato, del passato di mio padre; quella casa che sa accogliere le famiglie, ma le sa anche dividere. “La casa delle madri” è ovunque e in ogni tempo e, grazie a lei, possiamo osservare il tempo che scorre e i panorami attorno a noi che cambiano. E’ un’entità viva, ci possiede tanto quanto noi possediamo lei. E’ contemporaneamente spettatrice e parte dello spettacolo.
Un tutto questo, un altro dei punti che più ha apprezzato è che i personaggi non sono figurine al servizio delle trama, ma che l’essenza stessa del libro ci porta a interrogarci su quanto sia difficile instaurare rapporti tra persone al di là di quelli che possono essere i legami parentali, i vincoli di famiglia, il sangue.
“La casa è divisa in due. I morti si aggirano per camere scomparse, facendo inciampare i vivi in cose che non dovrebbero stare dove stanno.”
Daniele Petruccioli è nato nel 1970 a Roma. In passato si è occupato di teatro, ma da anni lavora prevalentemente come traduttore. Ha pubblicato i saggi Falsi d’Autore. Guida pratica per orientarsi nel mondo dei libri tradotti (Quodlibet 2014) e Le pagine nere. Appunti sulla traduzione dei romanzi (La Lepre 2017). La casa delle madri è il suo primo romanzo.