Stupidistan di Stefano Amato (pubblicato da Marcos y Marcos) è sicuramente un omaggio al distopico e comico film di culto Idiocracy di Mike Judge. Ma è anche qualcosa di più. Qualcosa di diverso, qualcosa di vischioso che ti si appiccica e non te lo stacchi più di dosso per un sacco di tempo. La coltre di sporco e di pessime idee sulla vita, l’universo e tutto quanto che sommerge i siciliani raccontati da Stefano Amato, altrimenti noti come gli “stupìdi”, non è solo qualcosa che ha a che fare con la mafia; con l’evasione fiscale generalizzata; con la scarsa igiene personale; con i tassi incredibili di abbandono scolastico e analfabetismo di ritorno; con l’emigrazione intellettuale; con una dieta ultracarnivora; con l’incapacità teorica e pratica di conferire l’immondizia; con la sfiducia totale per le istituzioni; con la fede cieca in un pantheon di divinità supereroistiche comunali, se non di quartiere, che hanno poco a che fare con la religione ufficiale; con parcheggiatori abusivi più insidiosi della Spectre; con un ceto dirigente eternamente vestito come a un battesimo e che usa un solo aggettivo, la parola mangia-tutto “importante”; con i trogloditi che inveiscono contro i ciclisti; con l’atavico e insopprimibile impulso a tifare sempre e solamente per il più forte ai danni del più debole; con il razzismo strisciante che è alfine esploso come i fuochi artificiali illegali che quasi ogni notte “deliziano” le nostre città.


Se fosse così, basterebbe scrivere un articolo di cronaca o filmare un documentario. Se fosse così basterebbe proteggersi con un po’ di moralismo e di superiorità snob, armarsi di qualche profezia pseudo-pasoliniana e il gioco sarebbe finito lì, così come facciamo sui social quando ci lamentiamo di quelli che si lamentano del sindaco. Stupidistan è invece qualcosa di più nel suo essere qualcosa di estremamente tradizionale e per questo fuori dal tempo (e anche dalle bolle letterarie): un romanzo semplice ma ricchissimo, veloce e dissacrante, che fa ridere dalla prima all’ultima pagina e mentre fa ridere ci costringe a pensare a quello che succede attorno a noi; e a quello che facciamo noi stessi, noi giudici, noi inquisitori di provincia che critichiamo i vicini di casa, ma alla bisogna parcheggiamo in doppia fila. Fa insomma il lavoro che dovrebbe sempre fare la letteratura. Non insegna qualcosa, non indica la strada, non sale su di un pulpito, non fa la morale a nessuno. Eppure racconta la verità. Non la enuncia, la racconta; e così facendo ristora il nostro immaginario e ci fa sentire un po’ meno soli nel cosmo. Stupidistan è un divertimento sfrenato, un dannatissimo romanzo d’avventura con un inizio, uno sviluppo e una fine, ma anche un tuffo nell’inconscio collettivo di una regione. Inconscio collettivo che ricorda molto da vicino la discarica della stazione spaziale Morte Nera. Avete presente il primo Star Wars? Quella pozza di relitti, immondizia e putrefazione in cui finiscono Luke, Leila, Chewbacca e Han Solo? Potreste rispondere che ogni inconscio degno di questo nome deve essere una specie di cloaca. Verissimo. Ma non vi ricordate che di tempo a disposizione per i nostri eroi ne era rimasto davvero poco? Che oltre a puzzare e a ospitare strani esseri molto aggressivi, le pareti del compattatore di rifiuti si stavano richiudendo su se stesse e l’ambiente si faceva sempre più stretto, sempre più angusto, sempre più irrespirabile e invivibile…?

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