Home Inchiostro - Recensioni di libri indipendenti e non. La solitudine di un riporto – Daniele Zito

Paratesto:

Beh, lascio a voi decidere se quella cornetta sospesa in aria è il simbolo di una conversazione che sta per iniziare o di una che sta per essere interrotta. Quello che mi va di dirvi in questo istante è che, magari perché ho il naso chiuso e sono raffreddato, o magari perché sono un tipo facilmente suggestionabile, se avvicinate le vostre narici alla copertina e l’annusate dolcemente, forse vi capiterà come è capitato al sottoscritto di sentire un leggero accenno di bachelite sommerso dal profumo fragrante del libro stesso. Ed in quella annusata clandestina vi sarete fatti subito un’idea di quello che il libro vi svelerà pagina dopo pagina.

Testo:

Giravo attorno a “La solitudine di un riporto” da almeno due mesi. Me lo aveva consigliato il mio spacciatore di libri di fiducia, ne avevo letto in giro (ma senza approfondire troppo perché le recensioni degli altri mi influenzano sempre troppo, non mi conoscono e non sanno che sono sensibile). Siccome credo nel destino, sapevo che prima o dopo lo avrei incontrato, al momento opportuno.
Momento che ha preso vita al Salone del Libro di Torino del 2014. Ho preso in mano il libro tra tutti gli altri presenti, mi sono fatto circuire dalla copertina che mi ha riportato all’infanzia e poi mi sono fatto fregare del tutto dalla citazione presente sul retro del libro:Non c’era niente, infatti, che rendeva la pulizia del culo un’esperienza tanto raffinata quanto le pagine di Anna Karenina.

Come fate a non comprare un libro così?

Poi ci aggiungo il fatto che ho visto la foto dell’autore, ho alzato lo sguardo e me lo sono visto davanti in carne ed ossa e dei tipi che hanno gli occhi che ridono tendo a fidarmi sempre.

La-solitudine-di-un-riporto_internaIl riporto del titolo è quello appiccicato al cranio del libraio Antonio Torrecamonica. Il primo tratto caratteristico di questo libraio è che pur avendo una libreria sono venti anni che non legge un libro, odia i suoi clienti, odia la letteratura e le parole in generale. Le vorrebbe vedere tutte sprofondare in un buco nero. Il libraio è una persona sola, ha un telefono vecchio stile in bachelite che usa per telefonare alla madre morta e il fratello scomparso, non conosce l’amore fino a che traviato da una citazione de “L’amore ai tempi del colera” non impazzisce di passione per Irene, moglie di un contabile mafioso morto in circostanze poco naturali. Della trama non parlo altro, vi rovinerei il libro, vi posso solo dire che non è tutto come sembra e spesso la stupidità umana raggiunge vette interessanti. Perché aldilà di Antonio, è tutto il sottobosco di personaggi che abita “La solitudine di un riporto” a rendere vivo e reale il libro. Dal Vice che rimarrà per sempre Vice, al commissario Serracavallo che fa rabbrividire per la sua ottusa ferocia, dal mafioso Don Pietrino assassino fervido credente ad Irene un po’ reale e un po’ no.

E’ la scrittura di Zito ad impressionarmi. “La solitudine di un riporto” è un libro che scorre senza sforzo dentro di voi, Zito è un raccontatore, uno di quegli scrittore che hanno il dono della spigliatezza letteraria, che non ti fanno pesare ad ogni riga il fatto di aver scritto un gran bel libro di narrativa. Zito non cerca di fregarti, non ti annienta a suon di colpi di scena, ti presenta un personaggio e la sua storia di solitudine, lo rende umano e bisognoso di compassione.

C’è dell’idiozia umana nelle pagine del libro. Non ho potuto fare a meno di parteggiare per Antonio, di schierarmi con lui quando si trattava di conquistare Irene, di sperare che l’Organizzazione lo lasciasse in pace, perché, anche se alcune informazioni che ho tralasciato mi potrebbero smentire, nel mondo in cui vive il libraio, pare essere lui la persona più sana di mente. E’ qui c’è molta della bravura di Zito, prendere un personaggio tutt’altro che privo di macchia e mostrarlo per quello che forse è, un bambino indifeso.

Dopo aver finito di leggere “La solitudine di un riporto” vi verrà voglia di riprendere in mano quel vecchio telefono grigio in bachelite che i vostri genitori avevano messo in bella mostra nel posto più accessibile del salotto, lì al centro del mondo, facile da raggiungere, sopra il centrino fatto a mano dalla zia ormai cieca, in modo che quelle poche persone che avevano desiderio reale di chiamarvi vi potessero trovare a portata di squillo e non fossero costretti a sentire il Tu Tu Tu della linea che cadeva con inesorabile crudeltà.

Coordinate:

imgopera.phpDi Daniele Zito so molto poco. So che è più alto di me, che è imponente, che c’ha la barba e che ha gli occhi che ridono, anche quando non sta sorridendo. So che ha 33 anni e che è originario di Siracusa anche se ora vive a Catania. Collabora con “L’indice dei libri del mese” per il quale si occupa principalmente di teatro e alla narrativa italiana. So queste cose un po’ per esperienza diretta e un po’ perché ci sono scritte nella quarta di copertina. Però secondo me sarebbe il caso che vi faceste un’idea tutta vostra leggendolo qui.

La casa editrice che si è presa amorevole cura di questolibro molto bello è la Hacca, hanno sede a Matelica (MC) e dividono i loro sforzi letterari tra la narrativa italiana, al Novecento.0 ancora stampabile e alla saggistica. Hanno un catalogo molto interessante che vale la pena di approfondire e, considerando la loro giovane età (sono nati nel 2006) mi hanno sorpreso per una cura del libro che reputo molto matura. Ciò che producono ha una forte personalità anche come oggetto fine a se stesso.

Menziono anche chi si è occupato della copertina perché l’ho trovata molto in sintonia con lo spirito del libro. La purezza del bianco, il mistero del nero e soprattutto quel vecchio apparecchio telefonico. Il creatore è Maurizio Ceccato di Ifix.

Domanda:

Perché il nome dell’autore sulla copertina non ha le iniziali maiuscole?

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