Paratesto:
Eccola l’essenza del libro, nella copertina. Se la osservate capirete tutto quello che c’è da capire del testo che rappresenta. Un uomo appeso ad un grosso e pesante masso. Allo stesso modo in cui quello scalatore è aggrappato con tutte le sue forze alla roccia i protagonisti del libro “La presa” di Stephen Enter sono attaccati a qualcosa che in realtà non c’è più: il loro passato.

Testo:
Una volta sceso dalla transiberiana, e nello specifico, dallo scompartimento n°6 pensavo che ci avrei messo un bel po’ prima di riprendere un treno. Ed invece, con mio sommo stupore, eccomi su un Eurostar a fare compagnia a due tizi conosciuti da poco, Paul e Vincent, i quali stanno per raggiungere in Galles (in una città poco distante da Swansea) altri due amici, Martin e Lotte. Ma si tratta davvero di amicizia il rapporto che lega questi quattro individui? Oppure sono finiti a condidere uno spazio e un tempo comune solo per uno scherzo del destino?
La loro storia comune inizia venti anni prima. I quattro sono tutti appassionati di montagna, sono alpinisti, viaggiano in giro per l’Europa in cerca dei panorami più belli da esplorare, non necessariamente i più ostici, ma possibilmente i più inesplorati. Questo fino al loro viaggio alle isole Lofoten, lì succede qualcosa che cambia il rapporto tra i quattro e che non ci è dato sapere fino quasi al termine del libro.
“La presa” è un libro sul dipanarsi del tempo, sul continuo interscambio tra i ricordi del passato e le dinamiche del presente. Il passato che si imprime come una fotografia nella nostra memoria e che tendiamo a ricordare sempre uguale, mentre in realtà sbiadisce e il tempo quasi falsifica l’immagine originale.

I libro è diviso in quattro parti. Nella prima osserviamo le cose dal punto di vista di Paul. Di famiglia ricca, apparentemente intaccabile, giovanile nei modi di fare e di vestire, particolarmente bravo ad attrarre a sé le persone. Nella seconda parte è la volta di Martin, di lui sappiamo che ora è un professore, che ha un’educazione religiosa che si fa sentire parecchio, che non ama parlare di sé e della sua famiglia e che teme sempre di essere giudicato. Inoltre ha sposato Lotte.
La terza parte spetta a Vincent il quale spariglia i piani a noi lettori. Mentre i due primi personaggi davano di lui un parere al limite dell’individuo asociale, quando inizia a parlare Vincent ci accorgiamo che abbiamo di fronte una persona in preda ad una profonda crisi, con una vita sull’orlo del fallimento e un unico grande, enorme, rimpianto: Lotte.
La quarta parte, a conclusione del tragitto, spetta di nuovo a Martin.

Il libro si basa sugli incroci tra questi personaggi. L’unica di cui non abbiamo una testimonianza diretta è Lotte. Non sappiamo quali sono i suoi pensieri e per quello che ci riguarda, tutto quello che è stato scritto potrebbe essere falso. Certo è che Lotte è all’interno di un triangolo i cui vertici sono Vincent, Martin e Paul. In un certo senso la cosa potrebbe sembrare limiante, eppure, pur non agendo, ci accorgiamo di quanta forza produca Lotte nel gruppo.

Coordinate:

Anche se alcune case editrici, di cui ovviamente non farò il nome, stanno cercando di insediare il primato, Iperborea è il riferimento in Italia per la buona narrativa di matrice nord europea. Su queste pagine abbiamo già parlato de “Il Corvo” di Kader Abdolah, ma basta che vi citi Arto Paasilinna e Bjorn Larsson per farvi comprendere l’autorevolezza di questa casa editrice. Mi ha particolarmente colpito il loro Stand al Salone del Libro di Torino 2014 perché fornito direttamente da Ikea. Io questa la chiamo coerenza.

Stephan Enter invece è uno scrittore Olandese. “La presa” è la sua prima opera tradotta in italiano. Per onestà intellettuale non mi sento di parlare di lui come fossi amiconi per cui mi limito a citare quanto scritto nel sito dell’editore Iperborea.

Stephan Enter

Stephan Enter

Stephan Enter, 1968, ha debuttato nel 1999 con la raccolta di racconti Winterhanden che lo ha subito messo in luce nel panorama letterario olandese. Nel 2004 arriva il suo primo romanzo, Lichtjaren, con il quale viene candidato al Libris Literature Prize, ma è con Spel, uscito nel 2009, che si conferma uno dei più promettenti scrittori della sua generazione, anche in Germania. La presa è stato più volte definito uno dei migliori romanzi del 2011, in corso di traduzione anche in Germania e Norvegia, nominato nel 2012 al Libris Prize e al Gouden Uil Prize.

Da apprezzare, davvero molto, il lavoro del traduttore Giorgio Testa. Il Nederlandese è a tutti gli effetti una lingua distante anni luce dall’italiano. Tanto melodioso il secondo quanto aspro il primo. Reputo questo lavoro di traduzione un’opera nell’opera. Il libro scorre con una facilità di lettura che deve essere attribuita anche all’abilità del traduttore.

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