Paratesto:

La copertina giallo ocra sa di ricordi passati, troppo difficile da dimenticare, troppo difficili da affrontare. E in quel gioco d’ombre c’è l’essenza di un libro meraviglioso. L’ombra, qualcosa che ci portiamo appresso sempre e che è presente in noi, contribuisce a renderci quello che siamo.  Lasciate scorrere le dita tra le pagine di questo libro, assaporate con i polpastrelli la rugosità della carta. Quando avrete finito di leggerlo, qualcosa di voi sarà rimasto tra le pagine de “Il Posto” e qualcosa di lui sarà rimasto in voi.

Testo:

Di un libro che ti invoglia a sottolinearlo, che si può dire? Che forse è letteratura pura. Che smuove in noi questioni irrisolte con il nostro passato e ci mette davanti ad una scelta complessa. Chiuderlo e dimenticarsene o, affrontare i nostri piccoli e grandi demoni.
“Il posto” di Annie Ernaux è un piccolo capolavoro d’intensità emotiva ed è strano se consideriamo che l’autrice ha scelto uno stile piatto, completamente privo di compassione o sentimentalismo. Ogni parola è dove deve stare, dove è nata per essere piazzata.
Il libro racconta il padre della Ernaux, il ricordo che l’autrice ha e che mette per iscritto dopo che il padre muore. E’ un libro che potremmo quindi definire di genere biografico. Eppure, non posso limitarmi a dargli quell’etichetta senza sentire di fargli un torto. E’ letteratura a tutto tondo perché nel tono privo di sentimentalismi, nel ritmo lineare, quasi monotono, l’Erneaux esprime un’energia emotiva esplosiva.

Se dovessi dare un centro vitale al libro, un nucleo significativo dal quale partire, direi che tutto nasce dal sentimento di vergogna e dalla vergogna di provare vergogna. “Non ti ho mai fatto vergognare” le dice il padre, come se questo sentimento fosse ciò che l’ha spinto nella vita. E poi il bisogno di ribadire i successi, il sentirsi inadeguato, lo sperare che la figlia sia migliore di lui. Il desiderio di ogni padre. Credo.

Il padre della Ernaux era una persona umile, uno che ha preso la vita nelle proprie mani e su quelle mani si è fatto i calli. Uno che ha lavorato come contadino, operaio, ripetitore di buche di bombe e commerciante. Uno che ha fatto sacrifici affinché la figlia potesse staccarsi dal suolo e allontanarsi dal destino che aveva segnato le generazioni precedenti. L’Ernaux però sembra distaccarsi dai suoi genitori come una goccia si stacca dal rubinetto, con un infinita calma e solo dopo aver accumulato abbastanza massa da sconfiggere la forza di gravità.
“Il posto” è un luogo fisico e allo stesso tempo un luogo dell’intelletto. Staccandosi dal paese dove ha vissuto compie un distacco anche dall’essenza stessa che da forma ai suoi genitori.

La prosa di Annie Ernaux è liscia è una lunga e gelata distesa di ghiaccio su cui, qua e là, compaiono improvvisamente delle crepe in cui il lettore sprofonda, delle singolarità fisiche in cui Annie e noi veniamo ad occupare lo stesso spazio. Delle brevi frasi lasciate cadere come pesanti sassi che ci fanno dire: anche io ho pensato questo, anche io ho detto questo, anche mio padre…anche mio padre.

La Ernaux ti impone un ritmo di lettura lento, ti cattura con la selezione accurata delle parole, ti irretisce facendoti chiedere: ma cosa provava veramente? Perché quello che provava va cercato aldilà del distacco simulato, della pura cronaca di una vita.
Poi improvvisamente ci regala dei brevi paragrafi che, come fotografie, riempiono la pagina di significato, ci restituiscono la figura del padre in tutta la sua importanza.

“Il posto” è la cronaca di un distacco che credo sia degnamente descritto dalla frase che il bambino, figlio di Annie, rivolge a sua madre e che si riferisce al nonno. “Perché il signore fa la nanna?”. Il signore.

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Coordinate:

Per le note biografiche mi affido direttamente a ciò che viene riportato sul sito.
Annie Ernaux è nata a Lillebonne (Senna Marittima) nel 1940 ed è una delle voci più autorevoli del panorama culturale francese. Studiata e pubblicata in tutto il mondo, la sua opera è stata di recente consacrata dall’editore Gallimard, che nel 2011 ne ha raccolto gli scritti principali in un unico volume nella prestigiosa collana Quarto.
Considerata un classico contemporaneo, è amata da generazioni di lettori e studenti. Il posto (Prix Renadout 1982), di cui questa è la prima edizione italiana, è unanimemente ritenuto uno dei suoi capolavori.

L’orma editore mi stupisce. Mi chiedo dove trovino gli editori la forza di trovare simile perle di letteratura ed incastonarle in un oggetto di così alta qualità. Mi è stato riferito che loro stessi erano increduli nello scoprire che “Il posto” non era stato ancora tradotto e pubblicato in Italia. E’ il caso di dire che la mancanza di gusto di qualcuno può sempre essere rimediata.

La traduzione del testo è a cura di Lorenzo Flabbi che oltre ad aver insegnato all’Università di Paris IIIe Limoges è pure uno dei due editori de L’Orma. Tanto di cappello per la scelta del testo e per la traduzione.

Come ultima cosa vorrei spendere due parole per la copertina e il progetto grafico. Di questo ambito se n’è occupato Antonio Almeida che con il gioco delle  ombre riesce a dare significato profondo alla copertina, la fa entrare nella narrazione. Poi, ma questo è un particolare che probabilmente ho notato solo io, ho davvero apprezzato la cura grafica del breve glossario finale. Quel piccolo segno grafico è una nota di personalità meravigliosa.

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