Nella collana “Senza frontiere” di Lindau (che ho il piacere di seguire fin dagli albori) ho avuto il piacere di leggere romanzi, racconti e saggi che coprono uno spettro letterario davvero enorme. Ho incontrato il contadino pazzo Wendell Berry con i saggi e i romanzi dedicati alla cittadina di Port William e José Eduardo Agualusa con il bellissimo “La regina Ginga” che aveva un tocco coloniale davvero interessante. Ho conosciuto Brainard e il suo memoir dai toni empatici e vitali e ho riletto Soseki con la sua letteratura giapponese così classica eppure così moderna. Oggi tocca a Pablo Simonetti e alla sua raccolta “Vite vulnerabili”. Ancora una volta “Senza frontiere” tocca un altro colore dello spettro.
Chi segue queste pagine da un po’ sa che l’accostamento racconto/autore sudamericano non mi lascia mai indifferente. Le mie antenne si drizzano e inizio e puntare l’obiettivo come un setter.
Ma veniamo subito al dunque. Credo sia raro trovare una raccolta di racconti con una coesione e una coerenza così forte. Fin dal primo racconto sembra di assistere ad uno scavo nella pische umana, uno scavo che procedere sempre più in profondità a mano a mano che le pagine vengono sfogliate. L’unica eccezione a questa massa coesa è forse l’ultimo racconto che però, essendo un omaggio diretto a Joseph Roth e ricreando panorami otteocenteschi credo possa essere tranquillamente considerato come la traccia fantasma nei CD (per chi se li ricorda).
Lo stile di Pablo Simonetti è diretto, le frasi sono secche e spesso spiazzano. Non viene cercato il colpo a sorpresa, il finale arriva quasi come decorso di un processo naturale. Come se da un fiore non ci si potesse aspettare altro che appassisca alla fine dei suoi giorni. La lingua è familiare, non ci sono manierismi, vien da pensare che Simonetti si discosti dalla tradizione del racconto sudamericano, dalla sovrabbondanza di strutture linguistiche e dall’ampollosita a volte ricercata con testardaggine per collocarsi in un territorio più vicino alla letteratura nordamericana. A tratti le due correnti si incontrano dando vita ad un ibrido perfettamente equilibrato.
Ma il tratto più caratteristico di questa raccolta di racconti è la capacità di Pablo Simonetti di soffermarsi sul destino dell’essere umano. Sul suo rapporto con gli altri. Un rapporto spesso di potere in cui il vinto si abbassa per cercare perdono e/o pietà ma non la ottiene.
A chi può piacere questa raccolta? Beh, potrà piacere a chi legge racconti e ha già un gusto personale ben strutturato perché in Simonetti troverà l’eco di altri autori, non necesariamente sudamericani. Potrà piacere a chi predilige l’equilibro tra contenuto e stile e a chi non ama vedere la mano dell’autore dietro ai personaggi.
Traduzione di Francesco Verde.
Pablo Simonetti è nato a Santiago del Cile nel 1961. Si è laureato in Ingegneria Civile presso l’Universidad Católica della capitale cilena e poi ha conseguito un Master in Ingegneria Economica presso la Stanford University in California. Dal 1996 ha deciso di dedicarsi completamente alla letteratura e nel 1999 ha pubblicato la sua prima raccolta di racconti Vidas vulnerables, che ha ottenuto la Mención Especial al Premio Municipal de Literatura di Santiago. Nel 2004 è la volta del primo romanzo, Madre que estás en los cielos, cui seguiranno La razón de los amantes (La ragione degli amanti, Corbaccio 2009), La barrera del pudor, La soberbia juventud, Jardín e Desastres naturales, uscito nel 2017. Oltre alla scrittura e ad altre attività culturali, Pablo Simonetti è impegnato anche come attivista per i diritti degli omosessuali.