La mattina degli esami

by senzaudio

L’articolo sulla “notte prima degli esami” è un grande classico, un’ intramontabile carrellata di ricordi per chi ci è già passato – bene o male che sia andata – ed un’incredibile aspettativa per chi è ancora dietro quella soglia.

Oggi però non parliamo di quella mitica notte, bensì della mattina dopo. Prima prova, compito d’italiano.

Da quando ho fatto la maturità ogni giugno – in piena sessione estiva, dove quel tema di sei ore sembra un roseo ricorso – mi diverto a leggere le tracce e ad immaginare cosa avrei scelto. Fino ad ora devo dire che ero rimasta abbastanza fedele alla mia scelta da maturanda, il saggio d’argomento letterario artistico.

Ieri, per la prima volta, l’analisi del testo ha attirato la mia attenzione.  Sarà che io non ero seduta al banco, sarà che nel corso degli anni la “noia” liceale per le analisi del testo è venuta meno, ma Ride la gazza nera sugli aranci di Quasimodo mi è sembrata una bella scelta, non frutto dei “soli tre poeti che sembra abbia il Novecento” (insieme ad Ungaretti e Montale, per la cronaca), come riportato da un tweet.

Definita addirittura una scelta “anacronistica” – il che potrebbe far venire dei dubbi sulla conoscenza del significato reale di questa parola – la prova viene ad essere scartata dalla maggior parte degli studenti (meno svolta solo quella sul tema storico, con il 3,8%), che le preferiscono temi sicuramente più contemporanei e noti come quello sulla tecnologia e il tema generale, con un bellissimo articolo sul “Rammendo delle periferie” di Renzo Piano.

Niente da dire al riguardo: mi sembra una scelta più che lecita, e in fondo il “bello” della prova d’italiano è anche questo, la possibilità di scrivere su ciò che più interessa o più si avvicina a ciò che interessa.

No, quello che mi ha lasciato perplessa sono stati proprio i commenti dei “non maturandi” alla decisione del Ministero sul poeta siciliano; una scelta antica ed obsoleta, poco interessante e stimolante. La domanda è: se uno tra i maggiori poeti della nostra contemporaneità – perché sì, il ‘900 è considerato letteratura contemporanea – è cosi “sbagliato” per l’analisi testuale perché l’anno scorso, all’uscita di Magris, scoppiò il putiferio per la sua in questo caso troppa contemporaneità?

Non va bene nulla, dunque: un autore morto nel ’68 è “vecchio”, un autore vivente è “sconosciuto”. Sorge spontaneo il dubbio che il problema non stia in chi sia l’autore da analizzare, ma proprio nella tipologia di traccia.

La maturità,  nella prova d’italiano più che in ogni altra – per le quali poi possono parlare solo “gli addetti ai lavori” – è un’eccellente occasione di chiacchera, in cui lamentarsi della nostra scuola che non funziona – come negarlo, davanti a certe cose? (Tipo definire Quasimodo “anacronistico”, già) – o dei programmi vecchi, poco innovativi – le proposte quali sono? Togliamo Dante e inseriamo Federico Moccia? – o della presunta ignoranza dei ragazzi – i quali in realtà sembravano abbastanza a loro agio con la gamma dei temi proposti.

Chissà,  forse è solo un vago rimpianto di quando la maturità è toccata a noi, il volersi sentire ancora sui banchi a contestare tutto, a voler essere allo stesso tempo spensierati e menefreghisti e “lottatori” per la nostra educazione. Voglio pensarla così,  come spirito di partecipazione e non lamentela sterile e vuota.

E mi domando se poi, in effetti, qualcuno dei contestatori abbia letto la poesia di Salvatore Quasimodo.

“Memoria vi concede breve sonno, ora destatevi.”

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