Home Inchiostro - Recensioni di libri indipendenti e non. L’Italia è una Repubblica fondata sulla polemica.

L’Italia è una Repubblica fondata sulla polemica.

by senzaudio

Nova_polemica-PAncora prima di capirne il vero significato, la parola “Polemica” produceva in me dei terribili attacchi di acidità di stomaco. Sarà stato per il suono, per quelle lettere che ti si legano alla lingua, per la forma della parola stessa, per cosa di preciso non lo so, ma ho iniziato ad odiare la polemica prima ancora di sapere cosa fosse. Poi quando mi hanno spiegato il significato ho capito che in effetti ci sono delle parole che sono brutte perché devono dare forma grafica a dei concetti che sono brutti. Polemica, dal greco “attinente alla guerra”, io non metto in dubbio che le intenzioni dei greci antichi fossero delle migliori, è che poi, da qualche parte nella storia, le cose si devono essere sparigliate e ci siamo persi il vero significato. Già, perché per me, polemica, ora significa scagliarsi contro qualcosa e qualcuno in maniera violenta, significa cercare la ragione urlando, significa rispondere ad un’accusa con un’altra accusa che con la prima non c’entra nulla. La polemica ormai serve a creare rumore, ad alzare cortine di fumo in modo che la gente comune non riesca a vedere aldilà del proprio naso (che già noi italiani in questo ci siamo portati) ad impedire che ci sia un confronto costruttivo basato sulle idee vere e genuine. Dove diavolo sono finite le idee in questo paese? Che le abbia seppellite la polemica?
Se penso a dove la polemica ha avuto terreno più fertile mi lascio prendere dallo sconforto.
In Italia non si fa più politica, si fa polemica. Le campagne elettorali sono condotte grossolanamente con promesse impossibili da mantenere, utilizzando però un linguaggio comprensibile a tutti. Le controproposte non esistono, si cerca di smontare il lavoro degli altri polemizzando. Si capisce da sé che non c’è accrescimento, non c’è arricchimento. Ah, e come se non bastasse, se qualcuno cercasse di aggirare il potere della polemica cercando di evidenziare con intelligenza i punti carenti del programma politico verrebbe tacciato di populismo. Che poi, detto tra noi, non ho mai capito perché essere populista sia una cosa negativa.
Dalla politica passiamo al calcio. Già, il calcio, lontano dall’essere un’isola felice su cui cercare ristoro, è lo specchio esatto del paese. Non è che il calcio ci può salvare, tutto quello che accade nel mondo del calcio siamo noi, come è possibile anche minimamente pensare che esso possa essere diverso da quello che è?
Siamo in preda a presidenti che esternano ipotesi di complotti criminalmente perpetrate contro la loro squadre, dibattiti televisivi in cui , al meglio, un tifoso/giornalista accusa un altro tifoso/giornalista di non essere parziale. Dirigenze che si insultano, calciatori che si prendono a sputi e gomitate, risse fuori dello stadio, analisi tecnico tattiche inesistenti o condotte con i piedi (che dovrebbero servire solo a calciare un pallone), una giustizia sportiva pietosa incastonata in un sistema che governa il calcio che non sa minimamente da che parte voltarsi.
Non sto facendo polemica. Io le soluzioni non le ho, lo ammetto. Presumo che sia per il calcio che per la politica le cose migliorerebbero se tutti noi facessimo un balzo in avanti culturale e di educazione. Partendo da molto molto in basso, ma temo che manchi la volontà, temo che chi sta in alto non veda le cose allo stesso modo in cui le vede chi sta in basso perché il divario è talmente ampio che sembra incolmabile.
Io non faccio polemica, o almeno non credo, io faccio parte di un meccanismo che non funziona e come tale non sono una vittima, ma un colpevole. Io non ho la soluzione, io sono parte del problema.

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