L’inganno della democrazia/1

by senzaudio

La crisi economica che stiamo vivendo già da un bel pò ha sicuramente reso la nostra esistenza molto più difficile, almeno rispetto a quella di cinque sei anni fa. Attualmente il tasso di disoccupazione raggiunge livelli da record, l’economia è assolutamente ferma, anzi in piena regressione, e a ciò si aggiunge che la classe dirigente non riesce a dare risposte nell’immediato, e nemmeno a programmare qualcosa di serio per il futuro. Si potrebbe dire che stiamo in un gran bel guaio. Ora, senza andare a cercare le cause di questa crisi, e senza nemmeno voler puntare semplicemente il dito contro qualcuno, vorrei fare una piccola riflessione.

Quando il cittadino va a votare, lo fa nella speranza di poter vedere in Parlamento un rappresentante che possa realizzare le sue idee, o che almeno riesca a far sentire la sua voce. D’altronde il Parlamento non è altro che l’espressione delle diverse istanze del popolo, chi in maggioranza, chi con un numero più esiguo. Ma è il luogo del dialogo, dell’incontro tra le differenti voci, del compromesso, quello positivo, chiaro. I rappresentanti devono lavorare per il popolo, perchè ne fanno le veci: devono, in pratica, realizzare ciò che hanno promesso in campagna elettorale. Tutto questo, nella maggior parte dei casi, non avviene, perchè i nostri rappresentanti non hanno a cuore le sorti del paese, e soprattutto perchè non c’è nessun mezzo che li possa ritenere giuridicamente vincolati al programma che hanno presentato per ottenere il consenso popolare. Si può dire, in una sola espressione, che quel circuito di responsabilità che si instaura tra il rappresentante e il popolo non è mai rispettato. Perchè? Come diceva Carl Schmitt, il parlamento è il luogo dell’inganno, nel quale si ritrovano soggetti che hanno un mandato in bianco, e che una volta eletti sono liberi di fare ciò che vogliono, e la loro legittimazione si basa un meccanismo fiduciario, appunto non vincolato giuridicamente: infatti Schmitt sosteneva l’idea che sarebbe stato più utile e produttivo se a rappresentare il popolo ci fosse stato un uomo che parli in nome del popolo, che ne sia l’incarnazione, la voce. L’opposto del libero mandato è il c.d. mandato imperativo, un istituto che permette l’instaurazione di un rapporto di tipo privatistico tra eletto ed elettore: insomma, l’esatto contrario del mandato libero. Col mandato imperativo gli eletti sono responsabili direttamente nei confronti degli elettori, tanto che questi possono revocare lo stesso mandato se gli eletti non si conformano alla loro volontà. Oggi il mandato imperativo è quasi scomparso, tranne qualche eccezione: nei sistemi costituzionali lo ritroviamo in un solo caso, cioè nella camera alta del parlamento tedesco.

Ripensare il rapporto tra popolo e rappresentanti è la base dalla quale bisogna ripartire: il cittadino non deve rivolgersi al parlamentare elemosinando qualcosa, affinchè possa migliorare la condizione di vita propria e degli altri suoi simili; il cittadino non deve sentirsi un sottoposto all’autorità del rappresentante; il cittadino invece deve mettersi nella condizione di poter pretendere da chi lo rappresenta, perchè quest’ultimo ha avuto un incarico basato sulla fiducia e ha il dovere di lavorare per il popolo, ha il dovere di dare delle risposte facendo fruttare le sue capacità, quelle per le quali è stato premiato con il consenso. E’ singolare che i rappresentanti esercitino il loro mandato fregandosene spesso della volontà e dei bisogni dei cittadini, senza alcuna responsabilità politica e giuridica: il cittadino allora diventa solo un mezzo per arrivare al potere, e una volta arrivati al potere vengono dimenticati. Allora il mandato imperativo, inviso a quasi tutte le esperienze democratiche, tanto male poi non sarebbe.

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1 comment

antonio barbone 14 Giugno 2013 - 17:11

Sarebbe una soluzione interessante mi pare che a nessuno interesserebbe attuarla. A parte ai cittadini stessi, che però sono quelli che contano di meno.

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