Home Inchiostro - Recensioni di libri indipendenti e non. Intervista discronica ad Aristotele/2

Intervista discronica ad Aristotele/2

by senzaudio

“È chiaro. Dunque quale è la natura di questo primo motore? Sempre che sia possibile dirlo”. Mi guarda, anzi proprio mi fissa, quasi sbigottito. “Ovvio che si può, dovrebbe sapere che la verità, finanche la  verità della fillsofia prima, è accessibile all’uomo. La verità è intellegibile. Dunque posso esporle, senza problema alcuno, la natura del motore immobile. Ecco in anzi tutto bisogna dire che esso è atto puro, giacché se fosse potenza sarebbe necessario porre un motore ulteriore, che permetta il suo passaggio da potenza ad atto. Inoltre deve essere avulso dal resto del cosmo, e deve essere concepito come pura forma. Siccome esso è atto e in quanto tale è azione, si dovrà immaginare, anche vista la sua essenza, ossia il suo essere forma pura, che tale agire sia il più perfetto di tutti, nella fatti specie il più slegato dalla materialità e quindi si dovrà pensare il motore immobile come pensiero. Ma il pensiero statutariamente sottende un oggetto e l’oggetto del pensiero del motore immobile, essendo esso necessario e perfetto ed ingenerato, deve essere un’istanza avente i medesimi attributi. È dunque chiaro che il motore immobile ponga come oggetto di pensiero se stesso. Il motore immobile è dunque necessario, eterno ed ingenerato. Oltre a ciò andrà definito come atto puro e pensiero di pensiero”. Mi scruta estasiato e ,al contempo, sospettoso. Ansioso. Cerca di carpire. Di scavare. Di cogliere le mie reazioni. Faccio per aprire bocca, ma il cameriere ci interrompe lasciando le mie parole a mezz’aria. “Due caffè” lo ringrazia in maniera sbrigativa, ma cortese e poi ritorna a ficcare i suoi occhi dentro i miei. Sono in imbarazzo. Perché ciò che per lui è chiaro per me lo è molto meno. Quello sguardo intenso mi frena. “Allora? Cosa ne pensa? Concorda?” mi esorta. Riesco a rompere gli indugi. Mi schiarisco la voce e faccio alquanto deciso ” Non ritiene, a tal proposito, fondata la critica che le muove Plotino, per cui non si potrebbe ritenere il pensiero di pensiero come principio ultimo della realtà, in quanto la natura dialettica del pensiero sottende sempre una dualità ed in particolare un soggetto ed un oggetto, pensante e pensato?” È visibilmente scocciato dalle mie rimostranze. Riesce, sforzandosi, ad abbozzare un sorriso e fa ” La natura dialettica del pensiero è una concezione plotiniana, e, come tale, non devo renderne conto io. Certo il pensiero presuppone soggetto e oggetto, ma se vi è perfetta identità fra tali due istanze, non vedo come ciò possa portare al porre un ulteriore principio unitario. Vista l’identità assoluta che sussiste, in tal caso, tra pensante e pensato. Quindi dovrebbe chiedere a Plotino”.” Pur sussistendo la totale identità, il pensiero di pensiero è ad un tempo soggetto ed ad un tempo oggetto, dunque non crede che tale principio dipenda da un principio unitario?”. Smette, ci colpo, di sorseggiare il suo caffè e mi guarda, sconsolato ” No, decisamente no. Plotino ricade nei medesimi errori di Platone e delle sue teorie non scritte. Comunque per solvere tali quesiti avrebbe dovuto interloquire direttamente con lui”. Il sorriso si fa sempre più tirato. Ormai non è che un ghigno. ” Non escludo di farlo” dico, tentando di porre fine alla tensione imperante ” passiamo a parlare della sua etica, come spiega il rapporto tra razionalità e passione o comunque tra razionalità e elemento arazionale?” ” È manifesto che all’interno dell’uomo siano presenti dei principi a-razionali, che peraltro erano già stati concepiti da Platone. Io ritengo che l’arazionale in sè non possegga valore morale, al contrario esso si configura eticamente nel momento in cui viene abbandonato a se stesso, è dunque si tramuta nel vizio, oppure  viene asservito e controllatao dalla ragione, divenendo così virtù. In questo senso l’interazione  tra passione e ragione è finalizzata al raggiungimento del, così detto, giusto mezzo. Più specificatamente si può dire che tra passione e ragione sussiste un rapporto ilemorfico, per cui i sentimenti costituiscono la materia a cui la ragione è chiamata a dare forma”.Lo guardo intimorito. Riverente. Non mi sento nella posizione di porre in dubbio la sua concezione, anche se vorrei farlo. “Non è concorde vero?” “No” rispondo facendomi forza ” non capisco come sia possibile stabilire un giusto mezzo, nè come sia possibile applicare questa logica puramente quantitativa in una dimensione prettamente qualitativa. L’etica non può essere, per me, fatta con il bilancino e la calcolatrice” Lui mi guarda sorridente. Malcela il suo sconforto ” Non si tratta di quantità, ma all’opposto di qualità. La mesotes è qualità. Forma, che la ragione dà alla materia, quantità. Ma temo che non la persuaderò mai”. “Temo anche io”. Gli faccio eco. Paghiamo e ci congediamo e lo guardo mentre si perde tra la gente che affolla la piazza. Ho intervistato Aristotele. Ancora non mi sembra vero.

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