Ad un certo punto deve esserci stato qualcuno che, in preda ai postumi di una sbornia o, sonnolente sul divano dopo un pasto pantagruelico, qualcuno che si è chiesto se il romanzo non fosse già morto.
Ho superato i quarant’anni da un po’ e credo di avere, in un modo o nell’altro, sempre sentito fare questa domanda e credo di aver anche sentito, in un modo o nell’altro, anche le centinaia di risposte, le migliaia di declinazioni, i centinaia di migliaia di elogi funebri a la romanzo.
Quarant’anni fa Ezio Sinigaglia deve essere stato circondato da studiosi e letterati che ormai davano per spacciato il romanzo, che ne decretavano una triste fine. Se, davvero, il romanzo è morto, stiamo leggendo e scrivendo dei fantasmi. A Sinigaglia però, la morte del romanzo non deve essere sembrata plausibile, il romanzo, proprio come Elvis, non morirà mai. Allora quale miglior modo che dare una risposta sotto forma di romanzo alla domanda che tutti avevano sulle labbra?
Ecco nascere dunque “IlPantarèi“, un meta-romanzo, verrebbe da dire. Un libro composto da una parte narrativa e da una parte saggistica. Le due parti dialogano costantemente, si influenzano; il saggio entra a gamba tesa sull’impalcatura narrativa, il protagonista, Daniele Stern, scrive di Joyce ed ecco che la parte narrata diventa un flusso di coscienza tenuto a bada con maestria. La vita di Stern prende una brutta piega? La moglie lo abbandona per un altro? Stern è ancora innamorato? Nutre interesse anche per i ragazzi? Ecco che la parte saggistica ne fa le spese, ecco che autori rinomati vengono cancellati dalla pagine, che autori sulla bocca di tutti scompaiono, messi in secondo piano, forse perché chi ha avuto troppo non merita ancora di più.
Ma per quale motivo Stern sta scrivendo dei saggi? Stern è un collaboratore editoriale, uno che vive di lavori trovati qua e là che però gode di una forte stima nell’ambiente. Ecco che gli viene chiesto di redigere un capitolo sulla letteratura del novecento per una fantomatica “Enciclopedia delle donne” ecco che, come nella narrativa, l’influenza sul risultato finale non la dà solo come scriviamo, ma anche ciò che decidiamo di includere e di togliere dalla narrazione.
Pantarèi è un libro squisito, una risposta pragmatica alla domanda: il romanzo è morto? Una dimostrazione pratica di come la vitalità del mezzo romanzesco sia inesauribile, come, il romanzo, più che essere un Minotauro vinto dal progresso, sia un Idra alla quale, tagliando una testa, ne crescono altre tre.
Per concludere, sono certo che Ezio Sinigaglia abbia avuto i suoi motivi chiudere con la narrativa per quarant’anni. Mi ritengo privilegiato di aver potuto leggere entrambi i suoi lavori (di un paio d’anni fa il recente “Eclissi” edito da Nutrimenti), però…però…si poteva sperare in qualcosa di più, si poteva sperare in qualche altra pagina, si poteva rischiare di far cadere nel dimenticatoio il suo nome, almeno quest’ultima eventualità è stata scongiurata.
E qui veniamo alla casa editrice TerraRossa. Per quel che mi riguarda, facendo un discorso generale, questa casa editrice, non ha sbagliato un colpo da quando è nata. La collana i “Fondanti”, di cui questo libro fa parte, sta sfornando un libro più bello dell’altro. Il prossimo è di Flavia Piccinni.
Ezio Sinigaglia è nato a Milano nel 1948. Ha svolto diversi lavori in ambito sia editoriale che pubblicitario e, dopo aver esordito con Il pantarèi nel 1985, ha preferito non pubblicare altro per oltre un trentennio: solo nel 2016 è uscito per Nutrimenti Eclissi, un romanzo breve molto apprezzato dalla critica e dai lettori. Tra gli autori che ha tradotto e curato figurano Charles Perrault, Marcel Proust e Julien Green. Suoi contributi narrativi e saggistici sono apparsi su prestigiose riviste a stampa e sul web.