Confesso di essere uscito un po’ turbato da una cordiale chiacchierata con uno dei mille fortunati grandi elettori. Non che mi aspettassi una risposta definitiva e nemmeno che le mie speranze trovassero immediato conforto. No, niente di tutto questo. Però quel discorso sugli amici lontani che vivono nelle Isole Vanuatu e allo stesso modo del mio interlocutore mettono il loro bigliettino nell’urna di Zurigo mi ha turbato. Nemmeno questa volta riusciremo a fare a meno di Lui. Meglio non illudersi. Non accadrà a meno di qualche numero di grande effetto nella notte di Wembley.
Basterà qualche manita sparata in faccia all’Osasuna di turno e nel prossimo autunno, quando il mio grande elettore e il suo collega di Vanuatu saranno chiamati a decidere, molto probabilmente Lui potrà vestire smoking e scarpe lucide per andare a ritirare il Pallone d’Oro. Il quinto consecutivo di una serie infinita. Lui è Leo Messi e il mio turbamento nasce dal fatto che, dopo aver visto naufragare il ciclo del Barcellona e contemporaneamente perdersi i sogni del Real Madrid, mi ero illuso che finalmente potesse toccare a qualcun’altro.
“Hai ragione, ma vedrai che i giurati delle Isole Vanuatu alla fine si ricorderanno solo che Messi ha fatto una vagonata di gol. Li hanno visti in tv e lo voteranno come hanno fatto sempre” mi ha spiegato paziente l’interlocutore. Fuor di metafora, nei prossimi mesi farò un tifo infernale perché chi uscirà trionfatore dalla finale di Wembley non si perda nei meandri della festa.
Se il legame che lega vittorie di squadra al Pallone d’Oro ha ancora un senso non è possibile che il 2013 premi Messi e nemmeno Cristiano Ronaldo. E con loro Xavi e Iniesta, cioè i quattro uomini che dal 2010 si scambiano i posti sul podio non lasciando spazio a nessuno. Vincerà un prodotto del calcio tedesco? Lo spero anche se manca un uomo copertina, perfettamente mediatico come Messi che piace a tutti (oltre ad essere il più forte) e che ha dietro di sè il motore potente degli sponsor.
Ho dato un’occhiata all’albo d’oro. Negli anni dispari, quelli senza Mondiale o Europeo, comanda la Champions. L’aveva vinta Messi nel 2009 e 2011 e prima ancora Kakà nel 2007. Non Ronaldinho all’apice della sua carriera nel 2005 e nemmeno Nedved nel 2003 e Owen nel 2001. Però il segnale mi pareva chiaro. O Champions o morte. Poi il mio amico mi ha ricordato le Isole Vanuatu e qualche dubbio mi è sorto. Mi è venuto in mente il 2010 e lo scippo a Sneijder e la faccia scura di chi comincia a essersi scocciato di premiare sempre Lui.
Così ho deciso che lascerò scegliere il destino. Lewandowski, Robben, Muller o Schweinsteiger: non mi importa di chi si tratta. Basta che chi alzerà la coppa a Wembley poi non si fermi dopo l’estate. Sarà un test per tutti, anche per il prestigio del Pallone d’Oro. Orfani di Messi e Cristiano Ronaldo deve essere capace di trovare un altro vincitore. Altrimenti meglio lasciar perdere e volare tutti sulle Isole Vanuatu.