Eric Chevillard – Santo Cielo

by Gianluigi Bodi
Eric Chevillard

Il dubbio, quanto leggo un nuovo romanzo di Eric Chevillard, è quello di non avere nulla di nuovo da dire sulle opere di questo autore francesce dalla penna prolifica e originale. Eppure ogni volta mi accorgo di un nuovo aspetto della sua scrittura, del suo stile fatto di frasi brevi che sanno sempre stupirti per originalità e freschezza. “Santo Cielo“, l’ultimo libro pubblicato da Prehistorica Editore rientra in questa spirale di continue scoperte in costante divenire. Giova ricordare che Prehistorica Editore crede fortemente nel talento di Eric Chevillard, ci crede talmente tanto da aver dedicato a questo scrittore una collana chiamata, appunto, Chevillardiana.

“Santo Cielo” è il sesto libro di Chevillard che leggo e dopo poche pagine mi sono accorto che sarebbe stato anche il mio preferito. Non so dire di preciso per quale motivo abbia avuto questa rivelazione, ma se devo fare un’ipotesi credo che il motivo più sensato che posso indicare è che Chevillard, in questo suo romanzo, racconta l’aldilà in una maniera brillante; triste e al contempo ironica.

Albert Moindre esce di casa e muore. Viene investito da un furgoncino che trasporta Olive e Datteri. Basta un attimo e la sue esistenza terrena termina con un colpo ben assestato. Il suo corpo materiale scompare e di lui rimane solo una voce nel vuoto. Moindre però non è solo, accanto a lui c’è una donna che di nome fa Clarisse, è americana, è morta parecchio prima di Albert e il suo più grande cruccio è quello di non aver vinto, nel 1931, un concorso di bellezza.

Sono altre però le voci che più influenzano la trama e, quindi, l’esperienza che Albert Moindre fa dell’aldilà. La voce o le voci dell’entità che tutto sa e tutto governa, che sa dire ad Albert quali sono gli scrittori più bravi che sono mai esistiti, i musicisti migliori (che spesso nessuno ha mai sentito nominare perché sono esseri umani che hanno dato il meglio di sé in epoche lontanissime). C’è una classifica per tutto, c’è un talento per tutti che, purtroppo, sono in pochi a scoprire. C’è anche chi detiene primati che non verranno mai riconosciuti. Il nuotatore più veloce del mondo? Un anonimo bagnante che stava solo cercando di sfuggire a un orca. La mente più brillante? Il primo uomo che per scaldarsi una coscia di antilope ha pensato bene di usare il fuoco.

Albert Moindre, dal suo posto privilegiato, vedo ciò che succede sulla terra, cerca di capire come la sua dipartita abbia influenzato la vita della Ex moglie e della figlia, cerca di capire cosa ne sarà dei ponti trasbordatori dopo che lui, uno dei pochissimi ingegneri in grado di tenerli in funzione, è passato a miglior vita. Il tempo però è un concetto terreno e quanto pare nell’aldilà le cose non hanno sempre un’unica direzione per cui a Moindre non resta che aspettare che il percorso tra i vari “uffici” nell’aldilà sia concluso per capire che ne sarà di lui.

Eric Chevillard, per quel che mi riguarda, sa sempre tirar fuori il lato inaspettato di ogni argomento. Ed è questo forse l’aspetto che più di tutti mi spinge a leggere tutto ciò che scrivere. Ha un occhio talmente particolare da riuscire a parlare di qualsiasi cosa in modo che anche il lettore sia costretto a guardare le cose da un punto di vista diverso. C’è, nei suoi romanzi, una spinta alla fuga verso zone inesplorate in cui tutto sembra valere. In “Santo Cielo” l’inesplorato è il post morte, quello spazio di pensiero che nessuno di noi conosce, ma che attraverso la penna di Chevillard assume dei connotati che riga dopo riga diventano credibili.

Ci scappa un sorriso quando scopriamo che Albert Moindre non può più sputare e non riusciamo a trattenere la tristezza nel sapere quanti talenti sono andati sprecati, quanti incontri importanti non si sono verificati per pochi secondi. Chevillard, raccontando la morte, riassume l’essenza stessa della vita.

Come per i libri precendenti la traduzione di “Santo Cielo” è di Gianmaria Finardi.

Éric Chevillard è nato nel 1964 a La Roche-sur-Yon e, come recita non senza ironia il suo sito, “ieri il suo biografo è morto di noia”. Si tratta indubbiamente di uno dei massimi scrittori francesi contemporanei, che ha saputo suscitare il vivo interesse di critica e pubblico, anche all’estero. Ideatore del fortunatissimo blog letterario, L’Autofictif, ha nel corso degli anni ottenuto diversi e prestigiosi premi, come il PRIX FÉNÉON, Il PRIX WEPLER, il PRIX ROGER-CAILLOIS, il PRIX VIRILO e il PRIX VIALATTE per l’insieme della sua opera. Molti dei suoi capolavori sono tradotti, in inglese, spagnolo, tedesco, russo, croato, romeno, svedese e cinese. Nel 2013, la traduzione di un suo romanzo, Préhistoire (1994; Prehistoric Times), si è aggiudicata il Best Translated Book Award – premio statunitense assegnato dalla rivista “Open Letters” e dall’università di Rochester. Ha scritto oltre venti opere – volendo menzionare solo i romanzi – pubblicate dalla leggendaria casa editrice francese Les Éditions de Minuit, diventata grande con Samuel Beckett e il Nouveau Roman.

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