Cachettopoli?

by senzaudio

Giorni caldi per la televisione italiana. La nuova stagione è iniziata senza grosse novità di rilievo. In tempi di difficoltà economica, soprattutto per quelle aziende che investono nel mondo della comunicazione con la pubblicità, si va sul sicuro, sull’usato garantito e si bada al risparmio. Lo scontro, rigorosamente in diretta, tra Brunetta e Fazio ha innalzato la temperatura e aperto un nuovo fronte di polemica. Che tanto nuovo non è, perché ciclicamente si ritorna a parlare del cachet dei conduttori e degli ospiti. Succede con Sanremo, dove Grillo “minaccia” di andare, il rito assoluto ed eterno della televisione italiana, l’epicentro delle chiacchiere e delle polemiche

. La Rai è un’azienda pubblica – noi paghiamo il canone -, ma anche una Spa, e quindi privata. La questione sugli stipendi dei conduttori appare fuori tiro. Se Fabio Fazio e altri garantiscono con le loro trasmissioni entrate pubblicitarie considerevoli – con le quali vengono pagati i loro ingaggi – la loro presenza è da considerarsi strategia per qualsiasi azienda. Ovvio, con un tetto economico. Perché non è tempo di follie. Ma la questione pare essere un’altra. Gli attacchi, che possono sembrare strumentali e anche qualunquisti, vengono indirizzati nei confronti di conduttori politicamente schierati. Fanno un uso “politico” dello spazio pubblico? Se credete di sì, criticate loro per questo. Senza filtri. Ma soprattutto pensate al vero spreco e al limite reale della televisione di Stato. Gli editori sono i partiti, la Commissione di Vigilanza Rai è l’organismo che controlla l’operato, i membri del Cda vengono nominati su indicazione delle segreterie o dei leader delle formazioni politiche. I funzionari, non tutti, sono al loro posto perché appartenenti a qualche cordata. Questo è il male di cui soffre la Rai. E con lei quasi tutta l’Italia.

Si parlava della nuova stagione iniziata all’insegna dell’usato garantito e dei talk show. Si pensi all’exploit di Morandi, altra istituzione del nostro Paese. In televisione non si ha spazio per la sperimentazione. Bisogna andare sul sicuro. Fare ascolti, perché il pubblico è il giudice supremo. Nelle televisioni commerciali, come quelle pubbliche. Ed è il motivo per cui una trasmissione alquanto insignificante come Uomini e Donne continua ad andare in onda. E’ la più vista nella propria fascia oraria. Perché De Filippi dovrebbe cambiare? E poi i talk show. Tutti uguali nella propria diversità. I politici ospitati, il pubblico schierato che applaude o fischia, l’esperto di turno. Cambia lo stile del conduttore. Però sono tutti uguali e lasciano il telespettatore nella condizione in cui lo hanno preso. Eppure le aziende ci puntano. Costano poco. E questo è il loro principale merito.

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