Si può parlare di qualcosa di così terribile e triste anche senza scadere nel patetico, senza far leva sul facile sentimentalismo da centro commerciale, senza scadere nei meccanismi della lacrima da strappare a tutti i costi. Anthony Cartwright e Gian Luca Favetto raccontanto ne “Il giorno perduto” la triste vicenda della tragedia dell’Heysel con un esercizio di pura letteratura, eppure una lacrima scende.
Per chi no sapesse cos’è l’Heysel. L’Heysel è il nome di uno stadio, ma è anche il nome di una tragedia. Finale di Coppa dei Campioni 85 tra Juventus e Liverpool. Poco prima dell’inizio della partita una frangia ubriaca e violenta della tifoseria del Liverpool carica i tifosi della Juventus stipati nel settore Z. Spinti dalla paura i tifosi indietreggiano, fino a che non incontrano un muro che delimitano uno degli ingressi al campo. Il muro cede. 39 persone muoiono CALPESTATE e SCHIACCIATE.
Ho affrontato questo romanzo con molta cautela, avvicininandomi a piccoli passi. La strage dell’Heysel è una di quelle cose che ricorderò con tristezza per tutta la vita. Quella sera ero davanti alla TV, come milioni di altri spettatori, per guardare una partita. Ho visto la bestialità umana.
Per questo e per altri motivi desideravo ardentemente che “Il giorno perduto” non fosse un’operazione commerciale. Un tentativo di speculare sul sentimento relativo a quel fatto di sangue. Per rispetto alla memoria, per rispetto delle famiglie di chi non c’è più.
Mano a mano che le pagine scorrevano, mentre facevo conoscenza con Christy e con la controparte italiana Mich e i suoi amici, mi sono trovato a sprofondare in un romanzo denso e toccante. Da una parte un ragazzo schivo e solitario, soprannominato Monk. Dall’altra un gruppo di amici, che si è portato gli strumenti per suonare e far festa, che pensa alle ragazze e al futuro.
I due autori ci presentano due parti di uno schieramento che, prima di arrivare allo stadio, si sfiorerà nella Grand Place, con il suo essere essa stessa una sorta di stadio. Con il suo essere forse il palcoscenico ideale per una sfida più grande della sfida calcistica, la sfida al futuro. Una marcia di avvicinamente ad un giorno, un luogo, un evento, che strapperà a molti la giovinezza. Perché non tutti quelli che sono usciti vivi da quella esperienza l’hanno lasciata alle spalle.
Uno dei motivi che mi fa dire che Anthony Cartwright e Gian Luca Favetto sono riusciti a passare indenni attraverso le sabbie mobili del ricordo e del rispetto di questo ricordo è lo stesso motivo che mi fa dire di aver letto un romanzo toccante. Sono riusciti ad umanizzare le vittime e i carnefici. Sono riusciti a costruire il percorso che li ha portati lì quella sera, non solo un percorso spaziale, ma anche temporale. Leggendo, non puoi far meno di apprezzare la loro vitalità, i loro difetti, il loro odio, la loro fede calcistica.
La strage dell’Heysel è qualcosa che non si può dimenticare. E’ la stessa tifoseria juventina a chiederlo. Ci sarebbero questioni riguardanti il rapporto tra tifosi e società in riferimento a questo particolare evento che sono importanti, ma non possono essere sviluppate all’interno di quella che è, a tutti gli effetti, una recensione.
Mi piace pensare che ci sia, da parte di Cartwright e Favetto la volontà di conservare questo ricordo attraverso la storia.
Ho conosciuto Favetto, ci ho parlato alcuni minuti e ho percepito l’urgenza di raccontare un fatto così distante nel tempo che continua ad avere effetti sul presente.
Chiedete alle famiglie di chi non c’è più. Chiedete a chi da quello stadio è uscito a metà.
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Anthony Cartwright è nato nel 1973 a Dudley, nel Black Country inglese. Ha pubblicato tre romanzi, The Afterglow, How I Killed Margaret Thatcher e Heartland (66thand2nd, 2013), ambientato durante i mondiali di calcio nippo-coreani del 2002 e selezionato tra i finalisti del Commonwealth Writers’ Award: Best Novel.
Gian Luca Favetto è nato nel 1957 a Torino. Poeta, giornalista, scrittore, drammaturgo, collabora con «la Repubblica» e con Radio Rai. Ha ideato il progetto Interferenze fra la città e gli uomini. Tra gli ultimi libri: Se dico radici dico storie, le poesie Mappamondi e corsari, l’audiolibro I nomi fanno il mondo, il romanzo La vita non fa rumore, il racconto Un’estrema solitudine.
La traduzione della parte inglese di questo libro, quella scritta da Anthony Cartwright, è stata affidata a Daniele Petruccioli. Ho avuto modo di chiedergli com’è stato tradurre questo libro e la sua risposta mi sembra possa sintetizzare bene qualsiasi commento: dura, come al solito.
Grazie a 66thand2nd per aver pubblicato questo romanzo.
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12 comments
Heysel 30 anni dopo. Sixtysixedizioni, Anthony Cartwright e Gian Luca Favetto http://t.co/wDIc9iepN7
Un modo per ricordare una tragedia. L’heysel. http://t.co/G2e6OKRYuQ
@66thand2nd pubblica “Il giorno perduto” di Anthony Cartwright e Gian Luca Favetto. La tragedia dell’Heysel http://t.co/2QuPvuTXNK
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A 30 anni da quell’orribile notte c’è chi scrive un romanzo su dei giovani che vanno all’Heysel http://t.co/sVVXDGXv8m
Cartwright/Favetto, un libro a quattro mani sul viaggio che porta dei ragazzi all’Heysel @66thand2nd. http://t.co/2QuPvuTXNK @gianluigibodi
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La recensione di @Gianluigibodi de “Il giorno perduto”, un racconto sull’Heysel, autori Cartwright e Favetto
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