Durante le prime fasi della pandemia, quando abbiamo iniziato a familiarizzare con il concetto di lockdown e tra di noi si è creato un lessico comune fatto di tamponi, positivi, asintomatici, movida e farmacie dell’anima il parlare ragionato attorno al mondo dell’editoria ha iniziato a presagire da un lato una crisi senza precedenti (in un settore che vive costantemente in crisi) e dall’altro un’invasione nemmeno tanto silenziosa di titoli che avrebbero avuto in comune uno specifico argomento: la pandemia, appunto. Nelle piattaforme di self publishing questa mareggiata c’è effettivamente stata. Dove non si sono filtri è più facile far sfoggio del proprio ego. Nell’editoria “tradizionale” questa invasione ancora non c’è stata o almeno non si è percepita con forza devastante, più che altro perché ci si immagina che i veri scrittori abbiano bisogno di anni per affrontare un tema così complesso e dalla portata epocale e che solo lasciando passare qualche anno si possa davvero dare un’immagine fedele che abbia un impatto storico e che dia una versione critica di ciò che è successo.
Sì e no.
Con “Tredici Lune” Alessandro Gazoia affronta il tema più scottante degli ultimi cento anni mentre il cadavere è ancora caldo. Gazoia scrive un romanzo sulla pandemia che non è un romanzo sulla pandemia. Il virus del Covid è un agente che allontana e avvicina le persone, che mette a nudo le fragilità del narratore, ed è, a mio parere, un pretesto per analizzare in profondità la voce narrante, quell’Ale che verrebbe fin troppo facile mettere in stretta relazione con l’autore.
“Tredici Lune” è un libro intelligente e arguto, zeppo di spunti interessanti e non riguarda solo la pandemia. C’è ad esempio, durante tutto il libro, una deliziosa descrizione del mondo dell’editoria che raggiunge le vette migliori quando si inizia a ragionare sugli instant book e sul ghostwriting. Si racconta un ambiente in sofferenza in cui si scontrano gli ego degli scrittori con quelli degli editori e, per quel poco che so, mi sembra che la descrizione sia molto verosimile.
C’è poi la storia d’amore con Elsa che brucia e che l’allontanamento forzato non può non modificare. Ci sono le paranoie, le ipotesi a tratti perfettamente plausibili e altre volte dal tono assurdo, le azioni compulsive (pulire, riordinare, gettare via, riparare, sistemare lo zaino con il necessario per affrontare le emergenze perché, come ci ricorda l’autore, YOYO – You are on you own).
E in tutto questo c’è una profonda analisi che la voce narrante fa di sé stesso, dei legami parentali, dell’amore, della morte e del grande tema della pandemia e di come questa pandemia forse non produrrà gli enormi cambiamenti che le analisi di primo acchito hanno paventato.
Non riesco a definire “Tredici lune” di Alessandro Gazoia un romanzo sulla pandemia. Non so nemmeno se lo posso/voglio definire un romanzo vero e proprio, a volte sembra di leggere un diario. La scrittura è molto coinvolgente, ci sono alcuni espedienti tecnici che mi sono piaciuti molto, tra tutti la mancanza di virgole negli elenchi che il narratore si trova a fare. Quella mancanza dà l’impressione che le cose si accatastino e che perdano impronta anche quando dovrebbero averne, forse perché, in una situazione come quella in cui ci siamo trovati le priorità sono cambiante da persona a persona.
C’è poi l’inserimento delle cosiddette “Microdemie“. La voce narrante si diletta nella scrittura, nel periodo del lockdown butta già alcuni racconti che spesso hanno come protagonisti personaggi che realmente esistono nella vita di Ale. Nel scrivere queste “Microdemie” il narratore dà uno sfogo all’immaginazione, fornisce ai personaggi uno sfondo che ricalca solo parzialmente la loro vita reale. In queste “Microdemie” vivono gli amici e i parenti, vivono improbabili personaggi che sfornano contenuti in streaming, ma vivono anche le paure del narratore, il senso di inadeguatezza rispetto a un evento molto più grande di lui e dai connotati sfuggenti. Il risultato che a un certo punto sembra quasi che a narrazione lineare e le microsomie si fondano.
Devo dire che mi sono divertito molto a leggere “Tredici Lune”, mi sono divertito anche quando ha fatto riaffiorare alcune delle paure che ho vissuto sulla mia pelle perché mi ha aiutato a mettere in prospettiva alcune delle cose su cui avevo caricato troppo peso. Quello di Alessandro Gazoia è un modo moto intelligente e profondo di affrontare questo argomento e tutto ciò che gira da mesi attorno all’argomento. Lo ha fatto con ironia e autoironia, ha condito tutto con sarcasmo e a mio parere con umiltà e alla fine è nato un libro che vi consiglio di leggere anche se la pandemia è ancora così vicina da poterne sentire il fiato sul collo.
Alessandro Gazoia ha pubblicato per minimum fax Come finisce il libro (2014) e Senza filtro (2016); ha curato inoltre, con Christian Raimo, l’antologia L’età della febbre (2015). Nel 2018 ha pubblicato Giusto terrore per il Saggiatore. Tredici lune è il suo primo romanzo.