Nel sottotitolo a questo libro trovo conforto. “Una storia italiana” dice Claudio Panzavolta. Ed è vero. Anche se “Al passato si torna da lontano” esplora una terra specifica, Faenza e la campagna limitrofa, quello che Panzavolta in realtà fa è raccontare la storia di una famiglia italiana che attraversa la devastazione e le perdite prodotte dalla seconda guerra mondiale; i cambiamenti profondi, le divisioni tra persone dello stesso paese, la rabbia e la cattiveria contrapposte alla solidarietà; l’uso smaccatamente fascista della fede religiosa; ma ancora, Panzavolta racconta la rinascita, il cambiamento post bellico, l’inoltrarsi in sentieri via via più larghi che spesso portano a sentirsi disorientati.
Come detto, la trama privilegia lo sguardo di Anita, ai tempi della guerra è una bambina come tante che deve confrontarsi quotidianamente con la propria sopravvivenza, con l’incombere sulla propria testa del cacciabombardiere Pippo. La guerra finisce e i personaggi crescono, Anita fa le scoperte tipiche di un’adolescente e poi di una donna adulta, ma nonostante la vita prosegua e le contraddizioni, anche in tempo di pace, non siano poche, lei ritorna sempre al passato. Alla terribile perdita che ha subito, alla ricerca di chi l’ha provocata.
Per quel che riguarda la trama non mi voglio sbilanciare oltre perché scoprirla a poco a poco è un vero piacere, ma devo dire che già il riassunto in bandella dice molto più di quanto abbia scritto io.
Veniamo agli altri aspetti di questo libro.
Il primo e per me uno dei più importanti ha a che fare con la verosimiglianza. Mi è capitato molto spesso di leggere romanzi ambientati nel passato, anche durante la seconda guerra mondiale, e ti sentirli completamente fuori tono rispetto all’epoca che andavano a raccontare. Potrebbe trattarsi di una mia idiosincrasia, ma se una storia viene ambientata negli anni quaranta, i personaggi devono pensare, agire e parlare come se fossero diretta emanazione di quel determinato periodo storico. A quanto pare non è sempre così, ma “Al passato si torna da lontano” rispecchia pienamente questo mio desiderio. I personaggi mi sono sembrati fin da subito veri, parlano come mi immagino debba parlare una bambina nata negli anni quaranta e questo, secondo me, contribuisce a creare un’atmosfera genuina che dona a questo libro il sapore del tempo passato.
E poi ci sarebbe la questione della lingua che, in qualche modo, si intreccia a quanto detto sopra. Immagino che una buona parte di ciò che sto per dire da qui in poi abbia a che fare con il lavoro che Claudio Panzavolta fa: l’editor.
Ho trovato, fin dalle prime righe, una precisione linguistica molto al di sopra della media, un gusto per la parola precisa al posto giusto che accompagna e arricchisce la lettura. Non uno sfoggio di conoscenza fine a sé stesso, ma come detto, un utilizzo preciso della lingua italiana. Molto spesso i libri tendono ad appiattirsi vero il basso, mentre questo mi dà la sensazione opposta, quella di rendersi tridimensionale nella descrizione minuziosa e puntuale del paesaggio e dei personaggi.
Come ultima cosa vorrei affrontare un discorso più ampio che andrebbe discusso molto più lungamente e in ben altri lidi. Ancora una volta e forse sempre per l’idea che ho di quello che dovrebbe essere il lavoro di un editor, mi sembra che l’esperienza lavorativa di Claudio Panzavolta sia colata sulle pagine di questo libro e abbia dato vita a una forma molto ben controllata, a un montaggio interessante e mai banale. Mi vengono in mente i “Ricordi di Anita” che punteggiano tutto il libro, ma anche l’uso degli elementi grafici e delle foto. Tutto ciò impone di leggere “Al passato si torna da lontano” non solo come un romanzo, ma anche come testimonianza di un periodo storico che, in un modo o nell’altro, riverbera fino ai giorni nostri.
Ricordo ancora con piacere la lettura de “L’ultima estate al Bagno Delfino” edito dalla defunta ISBN. Lo ricordo con piacere perché si trattava di un romanzo che spingeva forte sul tasto della nostalgia per un tempo che non c’è più e non è più possibile recuperare. Ecco, se devo trovare un anello di congiunzione tra i due romanzi di Claudio Panzavolta, direi che la nostalgia potrebbe fare al caso mio anche se, ovviamente, nei due libri viene modulata in maniera diversa. Se vi capita andate a recuperare anche questo primo libro.
Claudio Panzavolta è nato a Faenza nel 1982. Dopo essersi laureato in Storia, ha studiato Sceneggiatura cinematografica e televisiva. Vive a Venezia, dove lavora come editor per la casa editrice Marsilio. Insegna al Master in Editoria dell’Università degli Studi di Verona. Nel 2014 ha pubblicato il romanzo L’ultima estate al Bagno Delfino.