Nell’immaginario collettivo, alla Siberia si associano vocaboli quali punizioni, repressione, deportazioni, neve, gelo, morte. Quasi, il nulla. Ma basta poco volendo, per scoprire che non è così, o non solo. Certo rimane collocata per noi europei molto lontano, e come tutto ciò che è lontano geograficamente, finisce per esserlo anche in termini di comprensione intellettuale, nell’immaginarne la vita quotidiana, usi, costumi e tradizioni.
Questo libro di cui voglio raccontarvi ci consente di avvicinarci un po’ alla realtà siberiana, ad entrarvi dentro, negli spazi più intimi e nascosti, nei tempi e luoghi di una bambina nata alla metà degli anni trenta del secolo scorso. Clara Strada Janovic, la protagonista di “Una infanzia siberiana”, edito da Marsilio per la stupenda collana Gli Specchi, ci offre la possibilità di uscire da vacui schemi mentali che connotano la Siberia in modo negativo, e ci descrive la sua infanzia e adolescenza vissute in luoghi che ospitano ricchezze, innanzitutto umane, incalcolabili, con tutto il corredo di abitudini, stili di vita, colori e odori propri. Non sto riportando la descrizione di un paradiso, un acre odore di sofferenza, fatiche e morte pervade comunque questo racconto in lungo e in largo, gran parte delle ricchezze umane di cui ho detto, sono il risultato di deportazioni forzate con cui si sono popolate terre vergini con obiettivi tutt’altro che umani, ma economici, di sfruttamento delle terre stesse e delle persone. Ma l’uomo è capace di sforzi e reazioni indicibili e come ci racconta Clara, popolazioni molto diverse hanno saputo unirsi, aiutarsi e sopravvivere alle angherie dei potentati.
Clara nasce all’estremo est della Siberia nel 1935, nasce a nove giorni di treno di distanza da Mosca, il fulcro di questo immenso Paese, tanto che il nonno di Clara non considera nemmeno Russia questo territorio sperduto, caratterizzato da spaventose escursioni termiche e grandi rigidità non solo meteorologiche, ma di ogni tipo.
Eppure Clara saprà trarre dalla sua semplice vita, in questi spazi immensi, le cose migliori e sarà capace di affrontare con coraggio e sapienza quelle più faticose. E’ vero, il padre è un uomo istruito, è impiegato come dirigente nel comparto minerario e molto abile nel suo lavoro. Ma tutto ciò non porta particolari privilegi o benefici a questa famiglia. Solo la nomenklatura ne può godere e anzi, bisogna stare attenti perche avida come si dimostra, è pure capace di desiderare il tuo “nulla”, e per questo disposta ad eliminarti.
Clara è viva, attenta, perspicace, sempre pronta a giocare un ruolo importante in ogni cosa. Le occasioni non mancano: la lettura diventa appena possibile una grandissima passione, regalando così anche a noi lettori odierni, segnalazioni costanti tra le righe di titoli che ci aiutano ad approfondire la storia stessa di Clara e del suo Paese. Bellissimo: leggere un libro e annotarsi altri libri da leggere; la possibilità di incontrare come già dicevo persone di origini diverse, molte, aprono ulteriormente se ce ne fosse bisogno, la mente della nostra protagonista.
E poi la seconda guerra mondiale. E ancora peggio la morte di Stalin (“Quando Stalin morì, sembrava che tutto si fosse fermato, pareva incredibile che il sole, come prima, continuasse a sorgere e a tramontare, che bisognasse mangiare, bere, dormire.”). E per finire, tutti i giorni le incomprensibili contraddizioni della vita sovietica (“…nella mia testa regnava una totale confusione sull’ordinamento statale, sul reale ruolo del partito e sul suo funzionamento. Il partito era una sorta di divinità avvolta nel mistero. Come si poteva farsene un’idea? Come si arrivava alle decisioni? A chi credere?”).
Forse il mondo sovietico è affascinante per la sua vastità, proprio perché così grande da rendersi difficilmente e globalmente comprensibile, nemmeno all’interno di se stesso.
Tutti dicono sì, tutti sono costretti a dire sì (?), da decenni e più, e tutti, interrogati singolarmente, dicono no. “A chi credere?”, ci supplica quasi Clara nella sua confusione mentale.
“Dopo nove giorni, il treno arrivò a Mosca. Cominciava un’altra vita.”
Claudio Della Pietà