Tito Pioli – Ho sposato mia nonna

by Gianluigi Bodi

Sono sempre più convinto che per avere una possibilità di comprendere la realtà odierna sia necessario cercare un linguaggio nuovo. La semplice osservazione dei fatti quotidiani non è più sufficiente a dare una, anche provvisoria, descrizione di quando viviamo.
La mia idea è che Tito Pioli con “Ho sposato mia nonna” abbia cercato lavorato in questo senso.
Accendiamo la TV e ci troviamo davanti a programmi che sotto l’etichetta di “Reality” hanno impacchettato una recitazione dell’assurdo priva di talento. Leggiamo i quotidiani e ci imbattiamo in articoli che cercano di descrivere una zuffa a distanza tra due bulletti che per qualche ragione stanno alla guida delle rispettive nazioni e che scherzano con le armi nucleari senza misurare le parole. Nel nostro paese il dibattito politico è assente, è stato sostituito da l’utilizzo sistematico dell’invettiva. E, scusate se lo faccio notare, i social hanno tirato fuori il peggio di noi.
Tutto questo è assurdo.

Quale miglior modo per comprendere l’assurdo che abitare il suo stesso piano? Tito Pioli dunque ci consegna un romanzo dalla struttura frammentata, episodica, che esplora a modo suo il vissuto quotidiano. Esodati, prigionieri, poeti che abdicano all’arte per mancanza di pubblico, malati di mente, abbandonati, solitari. E, il più delle volte si ha l’impressione che in un mondo normale al 50% sarebbero loro ad essere dalla parte della ragione. Sarebbero loro a guidarci verso il futuro.

Non possiamo non innamorarci della nonna, un personaggio che parla al contrario, che si porta apprezzo un nipote pseudogiornalista precario. Un simbolo di tutto quello che è andato storto e al contempo, di quanto di vitale c’è in un popolo che sembra non poter mai smettere di subire.

Dicevo della struttura, brevi capitoli che descrivono particolari situazioni di vita vissuta ma ribaltano il senso. Come il capitolo in cui nonna e nipote trasformano una cabina da vigile in disuso in una sorta di museo della decadenza e dell’abbandono.
La chiave per comprendere e godersi questo libro è, a mio parere, solo una: qualsiasi sia l’assurdo che troverete in queste pagine, ciò che c’è attorno a voi lo è ancora di più. Pioli fa questo, ci mette di fronte all’evidenza, ci mette di fronte allo spettacolo che ogni giorno recitiamo, ma lo fa con un personaggio brillante e stralunato, una sessantenne aggrappata al ricordo di un passato prossimo che si sta velocemente dissolvendo.

C’è una certa purezza d’animo nella scrittura di Pioli che ci fa abbassare le difese. Quasi a sentirsi raccontare la storia di un parente o di un vecchio amico. Il fatto è che proprio nel momento in cui siamo rilassati arriva il messaggio: siamo sicuri di aver capito chi sono i pazzi?

La copertina è un altro gran bel lavoro di Ifix design by Maurizio Ceccato.


Tito Pioli: libraio antiquario che «legge le interviste al contrario, va al mare da solo e festeggia il Capodanno con gente che non conosce», vive nelle colline vicino Parma e svolge attività di volontariato nell’Assistenza Pubblica di quella città. Ha pubblicato racconti con le case editrici Guanda e Giulio Perrone Editore. Il suo primo romanzo, Alfabeto mondo, segnalato al PREMIO ITALO CALVINO, è uscito nel 2015 per i tipi di Diabasis.

 

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