Paratesto:
Ed i libri alla fine ti sorprendono, parti con un’idea, si tratta di un libro breve, ci metterai poco a leggerlo ed infatti è così, ci metti nulla. Un pomeriggio di pioggia mentre tuo figlio dorme. E chiudi il libro, lo metti da parte. Solo che poi, il libro, torna da te più spesso di quanto avessi immaginato.
Testo:
A chi spetta il diritto di recensire una vita? A nessuno, mi verrebbe da dire di primo acchito. Certo, io però sto qui a recensire, non a parlare del tempo che scontenta sempre tutti o nessuno. E allora mi trovo in difficoltà, perché debbo separare “Il bambino mammitico” in due parti. La prima, come opera letteraria, mi ha trovato un po’ spiazzato. Frasi brevi e secche, quasi elementari. Spesso intervallate da pensierini (sì, ho usato proprio questa parola). Insomma, le prima pagine mi hanno fatto penare che, meh, insomma, non era letteratura alta. Poi, di colpo, ho avuto un’illuminazione. Certo, “Il bambino mammitico” non è alta letteratura, certo, non potrà essere paragonato a Proust o Hesse, certo, tutto vero, ma la cosa non inficia il suo valore. Perché il valore di questo libro sta altrove. Sta nelle cose che dice, nella vita che descrive. “Il bambino mammitico” è il racconto della vita di Giacinto Conte scritto da lui stesso. Una sorta di autobiografia, se vogliamo, molto spartana, molto lineare, che racconta fatti, quasi esclusivamente fatti, dando poco risalto ai commenti di corollario.
In un certo senso questo è un libro che racconta ciò che siamo, ciò che ci ha fatto arrivare fino ad un determinato punto. Conte racconta gli incontri della sua vita, le esperienze politiche, religiose e sentimentali, racconta la strada che lo ha portato fino a dove sta ora, in un posto che potrebbe pensare essere molto buio, ma che lui ci dipinge con tinte colorate e quasi rassicuranti.
Chi sono io per recensire una vita? Io non sono nessuno, lo dico sempre anche a Lars Keniota. E lui concorda.
Giacinto Conte è tutto, tutto quello che ha fatto nella vita, tutto quello che ha vissuto. E’ quello che era quando è nato ed è quello che è ora, dove sta ora.
Il dove sta ora è probabilmente un’informazione che vi devo dare per giocare a carte scoperte. Attualmente Giacinto Conte è un ospite della clinica Basaglia di Livorno. Non volendo partecipare ai corsi di pittura di Riccardo Bargellini è stato invitato ad esprimere se stesso come meglio credeva. “Il bambino mammitico” nasce da sette quaderni scritti da Conte.
Odio consigliare un libro ad una categoria di persone. Lo odio perché implica che un libro ha un pubblico specifico che si nutre di opere di un certo tipo, mentre in realtà un libro dovrebbe poter sorprendere anche chi non se lo aspetta. “Il bambino mammitico” (e vi prego di annotare mentalmente che questa è una mia personalissima opinione e che quindi vi esorto a confutarla) è un libro che non piacerà a chi della scrittura ama la complessità. Piacerà a chi ha bisogno di capire che esistiamo, anche al di fuori della pagine di un libro.
E ovviamente anche il significato del titolo vi verrà svelato durante la lettura.
Coordinate:
Di Valigie Rosse ho avuto già modo di parlare positivamente all’interno della recensione del libro “cimettolafaccia”, non ho molto da aggiungere rispetto a quanto detto in quell’occasione. Se non che probabilmente, con il lavoro che fanno, hanno trovato il modo di raccontare la vita di alcune persone che i tipi di Valigie Rosse definiscono “outsider”, persone che, in questo modo, lasciano una traccia nel mondo, come una cometa lascia una scia nel cielo stellato.
Introdurre l’autore, mai come in questo caso, diventa compito difficile e complicato. Nel tentativo di non spingermi troppo in là nella scala della sfacciataggine vi riporto quanto scritto dall’editore per promuovere il libro. Le note biografiche si mescolano agli eventi presentati nel libro e vi potranno, in qualche modo, aiutare a capire di che testo ha prodotto Giacinto Conte.
Nato dove la provincia di Pisa si confonde con quella di Lucca, separate dal confine naturale del Serchio, Giacinto Conte si trasferisce da bambino nella Pisa degli anni ‘70 attraversata da cortei studenteschi e operai, animata dalle comunità cattoliche di base. Il giovane Giacinto frequenta i concerti nella chiesa sconsacrata di San Zeno, dove conosce Claudio Lolli, Alan Sorrenti, Ivan Della Mea. Si commuove per la morte dell’anarchico Serantini, frequenta i corsi teatrali di Pino Masi e si lascia incantare dal fascino di Sirio Politi, prete operaio. Questi anni sono i protagonisti indiscussi della storia travolgente portata avanti con semplicità e ironia dai ricordi di Giacinto, il Bambino Mammitico. Giacinto Conte prima di approdare al centro residenziale Franco Basaglia di Livorno dove oggi risiede, ha avuto un passato pieno di eventi e incontri: con questo libro ci racconta un mondo alterato ma profondamente vero. La narrazione è introdotta da una “nota” di Claudio Lolli.
A mo’ di post scriptum sottolineo la nota introduttiva di Claudio Lolli che da sola varrebbe una pubblicazione. Inoltre la copertina del libro è un autoritratto” di Giacinto Conte rielaborato graficamente da Riccardo Bargellini. Progetto grafico e impaginazione sono stati affidati nelle mani di Lisa Cigolini.
Il libro è pubblicato in tiratura limitata, sono 500 copie. La mia è la numero 286 e la conserverò gelosamente.