Dopo “MOR – Memoria delle mie madri” di Sara Garagnani un altro fantastico graphin novel targato Add editore che, per quel che mi riguarda, sta diventando un punto di riferimento anche in questo settore dell’editoria così pregno di voci e stili nuovi.
Il titolo di cui voglio parlarvi è “Baby Blue” di Bim Eriksson, una fumettista svedese con un tratto molto personale e originale.
Di cosa parla “Baby Blue”?
La storia è ambientata in Svezia in quella che a tutti gli effetti sembra una deriva distopica della realtà in cui viviamo o meglio, uno dei possibili modi in cui saremo costretti ad affrontare il futuro. Il numero dei suicidi è aumentato drasticamente, il governo svedese decide quindi di imporre la felicità per legge attraverso un controllo pervasivo nelle vite delle persone. Chi ha momenti di sconforto in pubblico viene segnalato e destinato a trattamenti medici che in qualche modo servono a lobotomizzare chimicamente il cervello degli esseri umani inclini alla tristezza, o più in generale, all’empatia.
La vita di Betty cambia nel momento in cui il suo “spacciatore” di fiducia le fa una visita fuori programma e le comunica che si ritira dal business. Oltre all’ultima dose quell’uomo le regala un ipod pieno zeppo di musica proibita che il governo ha censurato proprio per evitare che il suo ascolto procuri emozioni non consone alle leggi. Betty esce del cafè in cui lavora, si avviva a prendere la metro, vede l’uomo che ha appena salutato compiere l’ultimo salto verso la libertà e lei crolla. Viene segnalata, viene prelevata, forzata al trattamento chimico e lì conosce Berina, una donna che indossa una maschera di coniglio. Grazie a Berina farà la conoscenza della resistenza. Un gruppo di donne che vuole ribellarsi al sistema, vuole smascherare le false verità del governo e mettere a nudo ciò che realmente sta succedendo nei centri adibiti ai trattamenti forzati.
Come suggerisce il titolo di questo graphic novel il colore principale, l’unico che percorre le pagine di quest’opera è il blu. Blu, blue, I feel blue, mi sento triste. È quindi la tristezza, il diritto a essere triste, ad affrontare il problema che possiamo mettere al centro di questo lavoro di Bim Eriksson. Ma non solo. La Eriksson punta il dito anche contro le dittature, le repressioni, il controllo pervasivo. In questo senso il suo è un lavoro politico, una forte denuncia nei confronti della deriva che molti governi stanno prendendo. L’esagerazione proposta da “Baby blue” calca la mano producendo un profondo solco: non abbiamo più il diritto di poter essere tristi.
Come detto, uno degli elementi chiave e subito visibile di questo graphic novel è il colore scelto dall’autrice per raffigurare la storia che è, già di per sé, un manifesto.
L’altro elemento, altrettanto visibile, è dato dal modo in cui Bim Eriksson disegna i corpi dei protagonisti. Corpi enormi, sgraziati, sproporzionati e grotteschi; corpi che occupano la vignetta quasi togliendoci l’aria; corpi mastodontici sormontati da piccoli crani atrofizzati e privi di emozioni. Il messaggio sembra, anche in questo caso, chiaro: preferire il lavoro sul corpo che deve essere possente rispetto a quello sulla mente che deve essere incapace di andare oltre ai meccanismi basilari: nutrirsi e produrre.
Questo graphic novel di Bim Eriksson è, nella semplicità dei tratti, dirompente come poche altre cose che ho letto. L’autrice riesce non solo a portarti dentro a questa visione della storia, a questa distopia marcia e da brividi, ma anche dentro all’incubo vissuto dai personaggi.
Bim Eriksson è una fumettista svedese nata nel 1991. Il suo primo lavoro, Det kändes lugnt när mina känslor dog, è stato pubblicato nel 2016 da Kartago, uno dei più importanti editori svedesi. Da allora lavora come artista indipendente nel campo dell’illustrazione, del fumetto e delle arti visive. Baby Blue è il suo primo graphic novel tradotto in italiano.